Moncaro sarà protagonista della degustazione organizzata dal Wine Research Team dell’enologo Riccardo Cotarella con una verticale d’assaggio dal titolo: “7 VINI CHE HANNO FATTO GRANDI I LORO TERRITORI”. Oggetto della degustazione il Vigna Novali, Verdicchio dei Castelli di Jesi DOCG Riserva Classico con le annate 2003 – 2006 – 2014. L’appuntamento è per martedì 9 aprile, ore 15.00 presso la Sala Argento – Palaexpo, in occasione di Vinitaly 2019 (7 -10 aprile), il Salone Internazionale del vino e dei distillati di Verona. All’evento parteciperanno produttori, ristoratori, distributori, buyer e giornalisti provenienti da tutto il mondo con i contributi di Gianni Fabrizio e Marco Sabellico (Gambero Rosso), Gigi Brozzoni (I Vini di Veronelli), Daniele Cernilli (Doctor Wine), Luciano Ferraro (Corriere della Sera), e ancora Luciano Pignataro, Isao Miyajima ed Eldin Hosam (Ais Milano).
“Moncaro è al centro di un progetto all’avanguardia per ridurre al minimo i residui di sostanze impattanti sui terreni agricoli biologici – spiega il presidente Doriano Marchetti – Se le Marche sono la prima regione italiana per incidenza dell’agricoltura bio (il 20% del totale regionale), hanno anche il primato nella sperimentazione di soluzioni alternative ad alcune sostanze, come il rame, che seppur consentite, lasciano dei residui nell’ambiente”.
In questo senso, finora, si è rivelato particolarmente efficace il chitosano, un vero e proprio “farmaco” naturale, derivato dai gusci dei crostacei. Questo prodotto sta dando ottimi risultati nei campi sperimentali individuati dalla facoltà di agraria dell’Università Politecnica delle Marche per combattere la peronospora, ossia una delle più temute malattie della vite. “Il progetto, inserito nel PSR regionale delle Marche, ha già dato i primi risultati, che sono estremamente positivi” – commenta – l’enologo Giuliano D’Ignazi. Note incoraggianti si evidenziano anche sul fronte della produzione e della qualità: “oltre alla riduzione del rame, il progetto include anche innovazioni sulla vinificazione senza l’utilizzo di solfiti aggiunti – continua D’Ignazi – Sebbene rappresentino ancora una nicchia di mercato, grazie a questo contributo scientifico si potranno ridurre notevolmente i solfiti in maniera generalizzata e su larga scala, con risvolti positivi per il mondo del vino”.
Quando la cantina venne fondata, nel 1964, i soci compensarono la costruzione dello stabilimento di Montecarotto piantando un bosco. Lo stesso che oggi avvolge il centro degustazione “Le Busche” e l’imponente bottaia di affinamento sulle colline della Vallesina. La cantina è la più grande delle Marche, tanto che produce undici milioni di bottiglie esportate in tutto il mondo. La produzione comprende tutte le Doc marchigiane, e continua a tener fede alla coltivazione sostenibile. Basti ricordare, che già prima della normativa sul biologico avvenuta nei primi anni ’80, i vigneti venivano coltivati con tecniche di basso impatto ambientale. Oggi Moncaro ha tre cantine, la sede di Montecarotto (AN), quella di Camerano, sul Conero, e quella di Acquaviva Picena (AP): i tre merli presenti nel marchio. Negli ultimi anni Moncaro ha puntato tutto sulla sostenibilità: riconversione importante di vigneti al bio (linea Geos), utilizzo di energie rinnovabili e tecnologie di produzione “senza solfiti aggiunti” (la linea Atavico). Tra le curiosità, da segnalare che Moncaro è uno dei brand italiani più celebri in Cina, dove esistono ben tredici negozi che vendono esclusivamente i vini prodotti dalla cantina. La cucina di mare con vista sui vigneti è uno dei must: il ristorante di proprietà, Erard.