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Dom. Dic 8th, 2024

Micaela Pallini: L’export italiano di aperitivi, liquori e amari può tornare a crescere. Ora più promozione

Federvini accoglie con grande soddisfazione l’accordo raggiunto dopo gli intensi negoziati di Bruxelles tra Unione Europea e Stati Uniti. La tregua sulla querelle Boeing – Airbus ha portato alla sospensione per 5 anni dei dazi statunitensi su molti dei tipici prodotti agroalimentari europei che nel 2020 sono costati la perdita del 40% in valore delle esportazioni di liquori italiani nel Paese.

Per la Presidente di Federvini Micaela Pallini si tratta di un passo di grande importanza per il rilancio di uno dei settori di punta del Made in Italy nel mondo.

“E’ una bellissima notizia, visto che gli Stati Uniti rappresentano il nostro principale mercato di esportazione, anche per quanto riguarda gli aperitivi, i liquori e gli amari italiani. Negli ultimi anni la crescita era stata esponenziale. Poi l’arrivo dei dazi ha rappresentato una durissima battuta d’arresto, a cui si è aggiunta la crisi pandemica che ha bloccato le attività fuori casa. Adesso ci aspettiamo un rapido rimbalzo. Ecco perché il congelamento dei dazi ci fa ben sperare, ma non basta per una futura crescita duratura”.   

Il successo di aperitivi, liquori e amari italiani, nella maggior parte dei casi prodotti tipici della tradizione regionale italiana, marchi storici fortemente radicati nei territori della Penisola, è stato crescente durante lo scorso decennio: per i soli liquori si è passati dai 50 milioni del 2014 ai 90 milioni del 2019 (dati Istat), senza contare l’esplosione del fenomeno aperitivo in giro per il mondo, soprattutto nei paesi anglosassoni come Gran Bretagna e Stati Uniti.  I nostri prodotti storici, conosciuti a volte da oltre un secolo, le cui formule sono state tramandate da generazioni, hanno trovato all’estero una nuova giovinezza. Poi è arrivato il 2019: l’arrivo dei dazi americani ha comportato una contrazione di quasi un terzo dell’export nel solo 2020.  “Alla guerra commerciale tra Stati Uniti ed Europa si è aggiunta la tragedia del Covid – aggiunge la Presidente Pallini – con le chiusure generalizzate in tutto il mondo che hanno provocato la scomparsa del consumo fuori casa, della socialità e convivialità”. Questo ha comportato un ulteriore crollo dell’export negli Stati Uniti. Dopo l’anno negativo rappresentato dal 2020, la situazione rimane molto critica. Nel primo trimestre del 2021, c’è stata un’ulteriore brusca frenata: l’export negli Stati Uniti è passato dagli 11 milioni a 7 scarsi.  Se aggiungiamo il decremento del 2020, possiamo dire che il crollo dell’export ha sfiorato il 40% in due anni.

Ancora peggiore lo scenario se allarghiamo lo sguardo includendo le esportazioni di amari ed aperitivi.  Secondo i dati delle dogane americane (US Census Bureau) nel 2019 sono stati importati oltre 135 milioni di euro di aperitivi, liquori e amari del Belpaese, nel 2020 solo 80 milioni scarsi.

Le aziende del comparto sono costrette ad operare in un contesto che Federvini si augura di rapida ripresa ma ancora condizionato in molti paesi del mondo a causa delle disposizioni anti-Covid. Le condizioni di debolezza del canale horeca, in Italia e all’estero, rallentano la crescita di un comparto che potrebbe faticare a vincere la rinnovata competizione internazionale.  “Da un lato chiediamo un sollievo fiscale (ad esempio una piccola riduzione del 5% del livello delle accise) e maggiori semplificazioni amministrative per gli operatori, come l’abolizione del contrassegno fiscale, orpello burocratico ormai inutile in una economia digitale come la nostra – aggiunge la Presidente Pallini – dall’altro lato, è cruciale che il settore venga appoggiato attraverso una attività di promozione robusta, costruita sul una programmazione di progetti di comunicazione ad hoc e sviluppati con continuità.  Basta con gli interventi a singhiozzo.  Abbiamo bisogno che il Governo sviluppi una strategia di promozione, concepita insieme alle aziende e realizzata attraverso investimenti importanti e continuativi. Troppo spesso ci muoviamo senza il necessario coordinamento. Auspichiamo anche una maggior partecipazione delle aziende già nelle prime fasi di sviluppo del progetto, in modo da poter offrire soluzioni concrete e ipotesi di lavoro differenti”.


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