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Burger King nei guai. Parte la class action: Whopper nelle foto grandi il doppio rispetto alla realtà

Uno li vede in foto enormi e gli viene l’acquolina, poi li ordina e si vede arrivare un hamburger molto più piccolo e non corrispondente a quella foto invitante. E perciò è partita una class action contro Burger King. Un giudice in Florida, negli Stati Uniti, ha stabilito che la catena di fast food dovrà affrontare una class action con l’accusa di pubblicità ingannevole. Era già successo a McDonald’s e a Taco Bell (gli avvocati dei consumatori sono gli stessi che sostengono la class action di Burger King).

La causa – riporta il Messaggero – è stata intentata nel marzo 2020 e ora un giudice federale che sì, si può portare avanti l’accusa.

Immagine: https://m.independent.ie/

Nel mirino ci sono famosi Whopper. Cosa si contesta? Che nelle foto sono grandi il doppio rispetto alla realtà.


La catena, si legge nell denuncia, «si vanta di offrire panini più sostanziosi della concorrenza» ma «le dimensioni dell’hamburger sono state aumentate solo nella pubblicità». La class action è stata presentata da clienti “delusi” in ben 12 stati americani: Florida, New York, Illinois, Massachusetts, Michigan, California, Connecticut, Ohio, Kentucky, Mississippi, Pennsylvania e Arizona.

Ora Roy Altman, giudice federale di Miami, ha dichiarato che alcune parti dell’azione collettiva proposta contro l’azienda possono essere portate avanti. Le dimensioni del panino sarebbero gonfiate del 35%. La causa sostiene inoltre che, in realtà, i Whopper contengono meno della metà della carne pubblicizzata.
Altman ha anche stabilito che i clienti potranno citare in giudizio l’azienda per arricchimento senza causa, ovvero quando un’azienda priva illegalmente i consumatori del loro tempo e del loro denaro, oltre che per la violazione delle leggi sulla tutela dei consumatori.

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Burger King non ha commentato subito la decisione del giudice. «Il cibo nelle pubblicità è, ed è sempre stato, modellato in modo da apparire il più appetitoso possibile», avevano scritto tempo fa. «Questo non è certo una novità; i consumatori ragionevoli che guardano la pubblicità del cibo lo sanno da sempre. Questa causa pretende irragionevolmente il contrario», aggiunsero.

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