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Dopo i food blogger e food influencer arrivano i drink blogger e drink influencer, specializzati nel bere bene (e responsabilmente) e nei trend di mixology

Per alcuni la questione ha avuto inizio con la diffusione e l’uso massiccio dei social attraverso i quali ogni immagine, commento, opinione e luogo, in un click, arriva a tutti, da un emisfero all’altro. Ed è proprio da questa velocità di trasmissione che veicola una comunicazione “mordi e fuggi”, fatta di curiosità e di voglia di vedere, che prendono forma nuove figure professionali, non solo nel mondo fashion ricco di pailettes, lustrini e griffe, ma anche nel settore del food & beverage. Fino a qualche tempo fa si sentiva parlare solo di food blogger… ora questa categoria ne vede un’altra similare e con le stesse finalità, declinata però nel mondo “liquido”: i drink influencer o drink blogger. Un sondaggio che ha abbracciato gli ultimi mesi del 2018 e i primi del 2019 riportando numeri significativi rispetto alla nuova figura, dati che, anche se più orientati verso il mondo del marketing wine, hanno sottolineato un grande interesse da parte delle aziende verso queste professioni emergenti, con un 60% circa di intervistati che ribadiscono l’intenzione di mettere a budget un drink influencer e/o un marketing wine. I pareri e le opinioni che si susseguono sull’argomento sono spesso discordanti e, in molti casi, sollevano questioni legate principalmente a una professionalità “vecchio stampo” che nasce da anni di preparazione giornalistica e di esperienza nel settore, paragonata a un approccio più moderno e digitale ma non sempre accompagnato da una vera conoscenza del settore.

Tra gli obiettivi dei drink influencer c’è quello di far prevalere un consumo corretto e responsabile


UNA NUOVA PROFESSIONE
Sul modello dei già citati food blogger – il primo sito/ blog sembra essere nato negli Usa verso la fine degli anni ’90 – i drink blogger hanno la passione per il bere bene, per scoprire le nuove tendenze in fatto di mixology, per capire e analizzare la varietà dei prodotti aziendali e per suggerire un approccio e un consumo alcolico responsabile. Frequentatori di locali e bar, si pongono l’obiettivo di studiare da vicino la creatività del bartender e dei diversi cocktail miscelati, oltre ad analizzare il contesto pure dal punto di vista del design, dell’ambiente e dell’arredo. Tutto ciò che si scopre viene poi riportato in modo creativo e con un linguaggio che affascina sul proprio blog, oltre a scatenarsi in foto e post sulle pagine social, da Instagram a Facebook. Basta connettersi a una pagina o a un sito di uno dei nuovi drink influencer per trovare consigli su come e dove passare il sabato sera, per sperimentare un nuovo locale in cui vivere un’esperienza diversa con gli amici o dove gustare un cocktail mai provato prima. Qual è il ruolo dei drink influencer e qual è la loro attività rapportata alle aziende che, sempre di più, si avvalgono di queste figure professionali? “Personalmente ritengo che gli influencer, a prescindere dal settore, si possano dividere in due categorie: ci sono quelli che hanno tantissimi followers e i ‘micro’ influencer – dichiara Nerina Di Nunzio, Founder at Food Confidential – I primi sono quelli che si riferiscono a un pubblico vasto ed eterogeneo, i secondi sono quelli che hanno un pubblico definito, più di nicchia e titolato, magari con numeri che vanno dai 1.000 a 5.000 followers”. Una bella distinzione che classifica la seconda categoria come composta da coloro che partecipano attivamente agli eventi esclusivi, che conoscono personalmente i bartender più importanti e gli chef stellati… insomma, tutto ciò li porta ad avere un seguito autorevole, identificato dalle aziende come un target di riferimento sul quale fare leva. “Le stesse aziende danno attenzione a questo aspetto; vedono se sanno muoversi sui social in modo discreto ma efficace, se i loro interventi sono mirati e competenti e se hanno stile… ecco perché, in tanti casi, scelgono proprio gli influencer che hanno una cerchia di seguaci più contenuta”. Spiega Nerina Di Nunzio. L’argomento alcol è sempre sotto i riflettori poiché (spesso) legato al consumo eccessivo, ai rischi e alle conseguenze che possono scaturire da un abuso; è fondamentale quindi che il drink influencer faccia percepire in modo chiaro l’interesse che c’è dietro a ogni cocktail, l’arte della mixology e del saper equilibrare ogni ingrediente, così da allontanare definitivamente il concetto del ‘bere e basta’. “Lo storytelling è alla base di questo nuova professione – continua la Founder at Food Confidential –. Lo stesso pensiero viene seguito non solo dalle aziende che producono superalcolici, ma anche dalle Maison di Champagne, il discorso è valido da ogni lato e serve per fare passare il messaggio del bere corretto. Ma va sottolineato un altro elemento che può aiutare nella giusta fruizione di un pensiero: è più facile interagire con un numero contenuto di followers con i quali ci può essere un dialogo, uno scambio di opinioni, piuttosto che limitarsi ai semplici like, anche se in numeri significativi”. È quindi giusto dirigersi sulla qualità del messaggio, facendo una distinzione tra i target diversificati di Facebook e Instagram: il primo ha una community di età più matura, oltre a essere un social network che innanzitutto punta all’osservare ciò che si fa o si condivide nell’arco della giornata; Instagram, invece, ha il vantaggio delle immagini molto belle e vere che, se corredate da un pensiero reale e dettagliato, aprono a conversazioni interessanti e costruttive. “C’è un’altra componente che non deve mancare a un drink influencer – conclude Nerina Di Nunzio – Deve far trapelare l’interesse e la piacevolezza di ciò che si sta trasmettendo. Se il post è troppo costruito o troppo commerciale… non funziona”.

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Elisabetta Bracci, Premium Brands Marketing Manager di Sanpellegrino
QUESTIONE DI ATTENDIBILITÀ
A questo punto, è inevitabile porsi la domanda: la nuova professione va ad affiancare quella più tradizionale del giornalista di settore o incarna un ruolo differente? Diatribe a parte, l’attendibilità è data, oltre che da un approccio moderno, anche da una preparazione nel settore che deve essere assolutamente contemplata, conoscenza delle materie prime, delle evoluzioni e delle proposte che le aziende interessante mettono a disposizione, a prescindere che sia un prodotto rivoluzionario, una bibita o una tradizionale vodka, giusto per fare un esempio. Ma come distinguere un efficiente drink blogger? “Prima di tutto bisogna prendere in esame l’affinità con il brand, se pubblica contenuti in linea con i prodotti, se utilizza un linguaggio mirato che sia contemporaneamente tecnico e culturale”. Su questi aspetti si trovano in accordo Elisabetta Bracci, Valeria Eccellente e Valentina Mevio, rispettivamente Premium Brands Marketing Manager, Junior Brand Manager Italian Sparkling Drinks e Senior Brand Manager Italian Sparkling Drinks di Sanpellegrino. “Bisogna poi distinguere qual è la bevanda sulla quale fare questo tipo di comunicazione, ovviamente cambia la strategia se si parla di acqua, bibite o altri prodotti – continua Valeria Eccellente – Nel nostro caso il drink influencer dovrà avere un impatto molto fresco, giovane, solare e colorato. In aggiunta, selezioniamo figure che abbiano un’attinenza specifica ai territori, al food, al design… sono tutte componenti che si legano strettamente ai nostri obiettivi”. Le esigenze comunicative variano, ma c’è un elemento che deve essere tenuto in considerazione, a prescindere che si tratti di multinazionali o aziende di medie piccole dimensioni: avviare una collaborazione con gli influencer che possa creare delle relazioni costruttive e capaci di durare anni. “Serve una conoscenza approfondita e, per entrare nell’ottica di una bevanda, anche per la mixology, bisogna avere un bagaglio di competenze che si crea nel tempo – spiega la Junior Brand Manager Italian Sparkling Drinks – In aggiunta, per quel che ci riguarda, la figura dell’influencer non ha scopi commerciali ma è un supporto attraverso il quale veicoliamo con modernità il nostro marchio”. Mappature degli influencer che possano rispettare il brand, reciproca conoscenza e attività mirata, queste sono le basi dalle quali partire. “Per avere un lavoro di un certo tipo e poi avere un riscontro, servono almeno un paio d’anni – conclude Valeria Eccellente – Di sicuro è un impegno su più fronti ma, per raggiungere al meglio quanto prefissato, Sanpellegrino garantisce anche una specie di affiancamento ai drink influencer affinché possano scoprire e fare proprie tutte le peculiarità dei prodotti”.

Il drink influencer accompagna il consumatore alla scoperta dei cocktail di tendenza e delle materie prime utilizzate.
TRA CONSIGLI ED EMOZIONI
Se fino a poco tempo fa i parametri di scelta erano dettati quasi esclusivamente dal numero dei follower, oggi le aziende cercano altri elementi da valutare, come la creatività applicata al prodotto, la bravura di saper trasmettere il valore storico di un marchio o di un prodotto, oltre all’abilità di saper interpretare la mixolgy in modo idoneo, rivolgendosi a un target sensato. “Sono un mediatore culturale, posizionata tra azienda e bar e tra bar e cliente finale”. È quanto afferma Valentina Crucil, alias La Ragazza che Beve, drink influencer e attivissima sul suo blog www.laragazzachebeve.it. “Mi piace poter aiutare e consigliare chi si approccia a questo mondo o chi ha necessità di qualche suggerimento per assaggiare il cocktail del momento”. Gli studi allo IULM e il Barmaster in Campari Academy sono stati i percorsi seguiti da La Ragazza che Beve affinché, munendosi di professionalità potesse approcciarsi alla distillazione e ai cocktail, per poi mettere in campo le sue competenze universitarie costruendo questa nuova attività di business. “Bisogna ammetterlo… non è facile far capire e spiegare un drink – continua La Ragazza che Beve – Prima di tutto subentra la soggettività del gusto; il passo successivo è dato dalla parte tecnica che cerco di rendere chiara anche a chi non è esperto ma, soprattutto, punto sulla sensazione del cliente, ossia mi concentro sull’esperienza che può vivere trovandosi in un determinato locale e bevendo un determinato cocktail: deve sempre essere di qualità”. Tra le priorità di un locale c’è quella di fidelizzare una parte della clientela: ecco un altro obiettivo che il drink influencer può aiutare a far raggiungere, tutto ciò per un servizio sempre più consumer oriented ed efficiente. “La capacità comunicativa e le competenze in marketing, unite alla credibilità che la figura ha nel mercato – conclude la drink blogger – sono doti strategiche che bisogna possedere, così da utilizzarle per supportare un’azienda, per espandersi e fortificarsi sul mercato della distillazione e del beverage di largo consumo. È il modo migliore per creare il giusto legame anche con i bar e il cliente finale”.

PUNTI DI DEBOLEZZA
Modernità, approccio giovane e immediato ma quali sono i limiti che le aziende si trovano ad affrontare verso i drink blogger? Sul tavolo del dibattito ne vengono posti tre, quelli che possono valere non solo per il comparto del beverage, ma per tutto il mondo aziendale:
• La difficoltà nell’identificare e scegliere un influencer poiché, oltre alla capacità di divulgare un prodotto, deve essere in grado di mettere sempre in primo piano la filosofia aziendale.
• La misurazione del ritorno sull’investimento e su quali parametri effettivi.
• L’abilità o meno di trovare modi alternativi e coinvolgenti che possano andare oltre la solita fotografia postata sui social o su un blog. (Fonte Mixerplanet)

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