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Lun. Lug 14th, 2025

Il mercato del vino certificato supera i 9 miliardi. Bollicine in crescita, calano i rossi e le IGT

È stato presentato l’Annual Report 2025 di Valoritalia, leader nazionale nella certificazione del settore vitivinicolo. L’azienda, che conta 37 sedi operative in Italia, certifica 219 denominazioni d’origine, pari al 56% della produzione nazionale dei vini di qualità, per un valore che nel 2024 ha superato 9,23 miliardi di euro. Giunto alla settima edizione, il report ha fotografato l’andamento del comparto nel 2024, confermando la resilienza del vino italiano in un contesto internazionale segnato da crisi sanitarie, conflitti bellici e incertezze legate ai dazi statunitensi.

Un anno di consolidamento per la filiera del vino

“Nonostante le criticità geopolitiche – ha spiegato Giuseppe Liberatore, Direttore Generale di Valoritalia – il 2024 si chiude come un anno di consolidamento. Non brillante, ma comunque positivo, con 2,019 miliardi di bottiglie immesse sul mercato, in lieve calo rispetto al 2023 (-0,46%), ma in aumento dell’1,4% rispetto alla media degli ultimi cinque anni. Un dato che evidenzia come la filiera abbia mantenuto i volumi raggiunti nel 2021, sull’onda del boom pandemico, con oltre 110 milioni di bottiglie in più rispetto al 2019, a dimostrazione della competitività del sistema vino italiano anche nei momenti più difficili”.

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Bollicine in crescita, calano i rossi e le IGT

Dall’analisi delle categorie di prodotto emergono segnali netti: le denominazioni a prevalenza di vino rosso hanno subito un calo del 6,8%, mentre gli spumanti registrano un significativo +5%. Le DOCG flettono per il terzo anno consecutivo (-2,3%) e le IGT scendono del 6,3%, dopo il forte rimbalzo del 2023 (+16,5%). In crescita invece le DOC, che nel 2024 hanno rappresentato il 58% del valore del vino certificato pari a 5,35 miliardi di euro, con un incremento del 2,7%.

“I dati mostrano un progressivo riallineamento tra domanda e offerta, dove la competitività delle denominazioni si misura non solo sul valore storico, ma sulla capacità di rispondere ai nuovi trend di consumo, sempre più orientati alla versatilità”, ha commentato Giuseppina Amodio, Direttrice Operativa di Valoritalia.

Produzione e valore concentrati in poche denominazioni

Uno degli elementi più rilevanti del report è la forte disomogeneità dimensionale tra le denominazioni. Delle 219 certificate da Valoritalia, le prime 20 rappresentano l’86% dell’imbottigliato, le prime 40 il 95%, mentre le restanti 139 si fermano all’1,4%. In termini di fatturato, solo il 12% delle aziende supera i 50 milioni di euro, mentre il resto fatica a oltrepassare il milione.

“Questa frammentazione – ha affermato Francesco Liantonio, Presidente di Valoritalia – evidenzia una struttura ambivalente della viticoltura italiana: da un lato, l’alto numero di denominazioni è una forza in termini di rappresentanza; dall’altro, rischia di diventare un limite se non si rafforzano le dimensioni organizzative dei consorzi. Le piccole denominazioni, infatti, faticano a svolgere le funzioni essenziali di tutela, promozione e valorizzazione. In tale scenario, una riforma volontaria del sistema consortile può rappresentare una svolta per garantire coerenza e incisività, soprattutto in una fase di calo dei consumi e incertezza internazionale”.

Primo trimestre 2025 in calo per effetto dei dazi USA

L’Annual Report di Valoritalia segnala inoltre un -3,3% negli imbottigliamenti registrati nei primi mesi del 2025. Un calo legato in larga parte alla prudenza degli operatori statunitensi in vista di possibili nuovi dazi doganali.

In parallelo, il report presenta anche i risultati di un’indagine condotta da Nomisma – Wine Monitor sul valore percepito delle certificazioni da parte di produttori e consumatori, con focus su Italia e Canada.

Nomisma: Canada, UK e Giappone tra i mercati più promettenti

Lo studio, realizzato su un campione di 147 imprese vitivinicole italiane e oltre 2000 consumatori, è stato illustrato da Denis Pantini, responsabile Agrifood e Wine Monitor di Nomisma. Dal lato produttivo, il 47% delle aziende italiane esportatrici verso gli Stati Uniti ha già avviato strategie per diversificare i mercati extra-UE, puntando su Paesi come Canada, Regno Unito e Giappone.

In particolare, il Canada si conferma un mercato di grande interesse: le etichette italiane sono le più consumate tra quelle estere (secondo il 51% dei canadesi), con un valore delle importazioni che ha raggiunto 442 milioni di euro.

Consumatori: il brand conta in Canada, in Italia vince la denominazione

L’indagine ha messo a confronto i comportamenti d’acquisto nei due Paesi. In Italia, la Denominazione d’Origine e il territorio sono i principali driver di scelta, mentre in Canada prevale l’attenzione al brand della cantina. Entrambi i mercati segnalano un forte interesse per i vini sparkling e a basso tenore alcolico: circa il 70% dei consumatori italiani e canadesi li indica come trend in crescita.

Interessante anche la propensione dei canadesi verso i rosé e la mixology (74% contro il 56% degli italiani) e la maggiore sensibilità ambientale: il 78% dei canadesi preferisce bottiglie in vetro leggero rispetto al 65% degli italiani.

Sostenibilità e certificazioni green al centro delle scelte future

“In un contesto incerto come quello attuale – ha concluso Denis Pantini – il ruolo delle certificazioni si conferma centrale nelle scelte di acquisto per produttori e consumatori. Tra i trend più forti emergono quelli legati alla sostenibilità, che supera per importanza il biologico, e al vino a bassa gradazione alcolica. Diverso invece l’approccio italiano ai vini dealcolati, che continuano a non convincere”.

Il report evidenzia come le certificazioni green siano ritenute fondamentali dall’81% dei consumatori italiani e dal 74% di quelli canadesi. Anche tra le aziende italiane cresce la sensibilità sul tema: il 42% ha già avviato iniziative concrete e il 26% è in possesso di una certificazione di sostenibilità.

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