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Per quasi un italiano su due il cibo è una via per relazionarsi con i propri cari. Nasce l’indice Psychological Food Involvement Scale (PFIS) che misura il rapporto con il cibo, il coinvolgimento alimentare

Per quasi un italiano su due il cibo è una via per relazionarsi con i propri cari. I ricercatori della Cattolica, campus di Cremona, hanno messo a punto e validato un indice per misurare il nostro rapporto profondo con il cibo. La scala mostra come sia proprio questo rapporto a influenzare, nel bene e nel male, le nostre scelte alimentari.

 Per il 45% degli italiani (quasi uno su due) il consumo di cibo è un modo per relazionarsi ai propri cari mentre per oltre un connazionale su cinque il cibo è soprattutto “questione di salute”: mangiamo non solo per nutrirci ma con l’obiettivo di mantenerci in forma attraverso l’alimentazione e, a tale scopo, condizioniamo anche le nostre scelte alimentari.

Lo rivela uno studio svolto presso l’EngageMinds HUB, il Centro di ricerca dell’Università Cattolica, campus di Cremona diretto dalla professoressa Guendalina Graffigna nell’ambito del quale è stato sviluppato e validato su un primo campione un indice di misura del rapporto con il cibo, una nuova scala di coinvolgimento alimentare (Psychological Food Involvement Scale, o PFIS).

“Il ruolo del cibo nella vita delle persone è cambiato radicalmente negli ultimi anni – sottolineano la professoressa Graffigna e la dottoressa Greta Castellini che ha condotto lo studio pubblicato sulla rivista scientifica Food Quality and Preference. In particolare, il cibo non è considerato solo una fonte di sostentamento, ma sta diventando sempre più simbolico e legato a valori soggettivi. Tuttavia, non esistono studi empirici volti a esplorare e approfondire tale valore simbolico del cibo”.

“Il nostro indice – spiegano le ricercatrici della Cattolica – vuole essere uno strumento obiettivo per esplorare qualitativamente i significati personali che i consumatori attribuiscono al cibo”.

L’indice Psychological Food Involvement Scale,o PFIS è in grado di comprendere non solo in che modo le persone siano coinvolte sul cibo, ma anche le motivazioni spesso inespresse che stanno dietro ad alcune scelte di consumi alimentari.

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In questo studio sono stati raccolti 512 questionari compilati da un analogo numero di individui. I risultati hanno dimostrato che la scala PFIS è valida e affidabile nella misurazione della dimensione simbolica del cibo e del coinvolgimento alimentare di ciascuno.

“La scala indaga diverse e nuove dimensioni psicologiche relative alle nostre scelte alimentari – spiega la dottoressa Castellini – per esempio indaga quanto il cibo è considerato dal singolo come un mezzo attraverso il quale provare emozioni positive e raggiungere un benessere psicofisico; ma esplora anche quanto il cibo e in particolare le scelte alimentari siano un mezzo importante per esprimere se stessi e la propria personalità; infine valuta quanto il cibo e le scelte alimentari siano considerate dal singolo come un mezzo attraverso cui essere accettati dagli altri e quanto il cibo sia considerato dal singolo come un tramite grazie al quale prendersi cura dei propri cari e rafforzare i legami familiari”.

“I risultati preliminari con l’uso di questa scala – spiega la professoressa Graffigna – hanno mostrato che circa il 16% del campione ha un forte coinvolgimento verso l’alimentazione. In particolare, per il 45% il cibo rappresenta un mezzo attraverso il quale rafforzare il legame affettivo con le persone care, mentre per il 40% grazie all’alimentazione si può raggiungere una condizione di benessere psico-fisico” 

Infatti dallo studio emerge che le persone che totalizzano punteggi elevati su questa nuova scala di valutazione tendono a seguire una dieta salubre che le porta a fare scelte alimentari più sane rispetto a chi assegna al cibo un minore valore simbolico. Inoltre, la PFIS è in grado di spiegare alcune tendenze alimentari di crescente successo, come, il consumo di bevande vegetali e di latte senza lattosio, evidenziandone proprio il valore simbolico. Nell’ambito dei consumi di latte e di bevande sostitutive è possibile osservare come l’influenza sociale, e quindi il desiderio di affermazione sociale, giochi un ruolo fondamentale nel decidere di acquistare e consumare latte vaccino senza lattosio, dimostrando come tale scelta sia spesso connotabile come una “moda”, cioè un vero e proprio consumo “di tendenza”. “Il consumo di bevande vegetali – considera Graffigna – non solo è determinato dal bisogno di affermarsi socialmente ma anche dalla necessità di esprimere il proprio sé. Tali scelte di consumo, infatti, vengono fatte al fine di mostrare i propri valori e le proprie idee in tema di sostenibilità, come il rispetto per gli animali e per l’ambiente”, afferma Castellini.

“La ricerca mostra, quindi, come questo nuovo indicatore di coinvolgimento psicologico verso l’alimentazione permetta di profilare e differenziare i consumatori individuando le motivazioni profonde ed emotive che connotano le scelte alimentari, leve su cui puntare al fine di generare cambiamenti comportamentali che favoriscano consumi sani e campagne di comunicazione ed educazione efficaci”, aggiunge la professoressa Graffigna. 

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Questo studio dimostra, dunque, l’importanza della psicologia nello spiegare e prevedere anche le condotte alimentari. Alla luce di questo dato è in partenza un nuovo corso di Laurea Magistrale internazionale intitolato “Consumer Behaviour: Psychology Appliead to Food, health and Environment, il primo per la Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica nel campus di Cremona dedicato a formare futuri psicologici capaci di comprendere e modificare i comportamenti nell’ambito della salute, delle condotte alimentari e dei comportamenti pro-sostenibilità ambientale in un’ottica One Health.

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TM

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