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Come il marketing “inganna” il cervello quando compriamo il cibo. L’importanza del neuromarketing nel mercato food in cui le percezioni fanno la differenza

Un packaging più pesante, sia che si tratti di profumo, cioccolato o altri prodotti, trasmette l’idea di una migliore qualità. Se si mette della musica in un punto vendita, la tipologia di brano potrebbe fare la differenza sulla quantità di acquisti effettuati dalla clientela. Se c’è una musica ad alta frequenza (il cui suono risulta dolce all’orecchio), tendiamo a percepire il prodotto con connotazioni più positive rispetto a quanto accade in un ambiente con musica a bassa frequenza.

Magia? No, questione di neuromarketing, ossia la disciplina che utilizza le scoperte delle neuroscienze per rendere più efficaci la comunicazione aziendale e i processi che guidano gli acquisti. E che diventa ancora più sottile quando si parla di cibo, campo in cui le percezioni (piatti di colore diverso, profumi edibili, musica di sottofondo, grado di luce/penombra dell’ambiente) fanno la differenza.

A spiegarlo è stato Vincenzo Russo, professore di psicologia dei consumi e neuromarketing dell’università Iulm, durante il suo talk nell’edizione 2019 di Seed & Chips, la fiera dell’innovazione alimentare.

“Il 50% del nostro cervello è deputato alla visione, solo l’1% al gusto. È chiaro quindi come alcuni elementi visivi possano migliorare o alterare la percezione gustativa, condizionando di fatto anche le scelte di acquisto”, ha detto. “Non possiamo chiedere ai consumatori di raccontare le proprie percezioni, perché molti processi sono inconsci. Tutti gli insight devono essere osservati, non si possono utilizzare normali test”, ha commentato Russo.

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Notevole attenzione va prestata anche al colore del packaging: una birra con etichetta giallo-verde viene percepita come più “limonosa” rispetto a una con confezione tendente al marrone o al rosso.

Occhio anche alle stoviglie scelte: diversi esperimenti hanno confermato che una mousse al cioccolato servita su un piatto bianco viene percepita più dolce dello stesso dessert presentato su un piatto nero. Un caffè latte bevuto in una tazza di ceramica bianca viene percepito più̀ intenso dello stesso prodotto bevuto da una tazza di vetro trasparente.

Il neuromarketing non può trasformare un prodotto di scarsa qualità in eccellente, ma può migliorare l’esperienza di prodotti che hanno di base buone caratteristiche. Una delle possibilità è, ad esempio, migliorare la percezione di un’intera categoria di prodotto, su cui ci può essere gap tra domanda e offerta.

Uno studio condotto da MonitorOrtofrutta per Agroter ha rilevato che,il consumatore preferirebbe comprare prodotti ortofrutticoli direttamente dal contadino, ma per comodità il 70% dei consumatori va al supermercato. La percezione della categoria in store è però insoddisfacente e vissuta come incostante nella qualità offerta. Il 24% degli acquirenti, per esempio, si aspetta sempre di trovare della frutta/verdura marcia tra quelle comprate.

Infine il prezzo
In questo caso, come in altri, l’esperienza di consumo può essere migliorata, agendo su elementi specifici e arrivando a modificare anche il posizionamento che un dato brand occupa nella mente del consumatore. E, di conseguenza, il prezzo, variabile centrale. (Fonte Wired)

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TM

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