Nella società italiana contemporanea, il cibo ha smesso da tempo di essere solo nutrimento: oggi rappresenta un linguaggio, un’espressione dell’identità e un riflesso tangibile dei valori, sia individuali che collettivi. A confermarlo è il 37° Rapporto Italia dell’Eurispes, che analizza abitudini alimentari, tendenze nutrizionali e trasformazioni culturali legate alla tavola.
L’indagine Eurispes fotografa un’Italia sempre più consapevole e selettiva a tavola
Secondo i dati raccolti, l’84,9% degli italiani si dichiara onnivoro, mentre il 9,5% segue una dieta vegetariana o vegana. Interessante è anche il 5,6% di ex vegetariani, segnale di un percorso alimentare spesso fluido e in evoluzione. A crescere è soprattutto l’adesione a diete “senza”, ovvero regimi alimentari che eliminano specifici ingredienti, anche in assenza di reali intolleranze o necessità mediche. I più gettonati? I prodotti senza zucchero (28,2%) e quelli senza lattosio (27,3%). Seguono quelli senza glutine (18%), senza lievito (16,4%) e senza uova (15,4%).
La ricerca evidenzia anche un largo uso di prodotti funzionali: il 57,4% degli italiani consuma integratori alimentari, il 56% utilizza mix di frutta secca e semi, il 52% integra alimenti proteici e il 48,5% assume semi come lino, girasole e canapa. Più limitato l’uso di alimenti contenenti cannabis, regolarmente in commercio, scelti dal 17,2% degli intervistati.
Ristorazione italiana all’estero: un ecosistema giovane, dinamico e in crescita
L’export della cultura gastronomica italiana non si limita ai prodotti: si concretizza anche nei ristoranti sparsi in tutto il mondo, sempre più giovani e guidati da una nuova generazione di imprenditori. Il 37° Rapporto Eurispes lo conferma, sottolineando come il panorama della ristorazione italiana all’estero sia oggi contraddistinto da una vivace pluralità di modelli e attori.
Secondo i dati forniti da Assocamerestero per il biennio 2024-2025, il 30% dei ristoranti italiani all’estero è stato aperto dopo il 2021 e un ulteriore 44% tra il 2011 e il 2020. Un dato che evidenzia una nuova imprenditorialità, non più legata esclusivamente alle generazioni precedenti di emigrati italiani. Il 70% dei fondatori è infatti nato in Italia e ha deciso di trasferirsi all’estero per aprire un’attività ristorativa, spesso con una visione contemporanea dell’italianità in cucina.
Solo il 33% dei ristoranti ha una gestione familiare. Il 48% propone una cucina italiana generica, il 37% si concentra su piatti esclusivamente tradizionali e il 26% offre un menù prevalentemente regionale. Solo una minoranza opta per contaminazioni più spinte: il 10% propone cucina fusion e il 6% una cucina italiana rivisitata secondo standard internazionali.
Il racconto dell’italianità tra qualità, tradizione e atmosfera
Ma cosa rende davvero “italiano” un ristorante all’estero? Secondo i dati Eurispes, il concetto di italianità gastronomica si costruisce prima di tutto sulla qualità dei cibi (83%) e sulla certificazione dell’origine italiana delle materie prime (57%). Seguono elementi come l’atmosfera (34%), l’attenzione per l’arredo e l’allestimento (24%) e l’uso della lingua italiana nei menù e nel servizio (15%).
Il legame emotivo con il cibo gioca un ruolo centrale anche nella percezione dei clienti: secondo i ristoratori, il 52% dei clienti sceglie la cucina italiana per condividere momenti con famiglia e amici o per festeggiare eventi importanti. Il 27% è attratto da menù gourmet, mentre il 21% la sceglie per incontri di lavoro.
A motivare la scelta non è solo il gusto, ma anche il desiderio di vivere un’esperienza culturale. Per il 60% dei clienti la cucina italiana è sinonimo di tradizione gastronomica di qualità, mentre il 58% apprezza la genuinità delle materie prime. Il 50% la considera espressione della grande cultura italiana, il 27% desidera rivivere ciò che ha assaporato in Italia e il 17% vuole riscoprire i sapori della propria infanzia.
Autenticità e innovazione: la forza globale della cucina italiana
Il successo della cucina italiana nel mondo si gioca sul delicato equilibrio tra radicamento e trasformazione. I ristoratori italiani di nuova generazione riescono a reinterpretare l’italianità con dinamismo, adattandola ai mercati locali senza snaturarne l’identità. La cucina italiana all’estero si conferma così un potente strumento narrativo e culturale, capace di tradurre il patrimonio gastronomico nazionale in esperienze coerenti e accessibili a livello globale.
Il 20% dei clienti la sceglie per l’ottimo rapporto qualità/prezzo, il 16% perché considerata salutare. Autenticità, qualità e accessibilità si intrecciano, rendendo l’offerta italiana vincente anche fuori dai confini. La varietà dei modelli gestionali e delle proposte culinarie testimonia la capacità del Made in Italy gastronomico di adattarsi senza perdere la propria anima. Un modello che si dimostra ogni giorno più vitale, grazie alla passione di una nuova generazione di ristoratori ambasciatori dell’eccellenza italiana nel mondo.