Il comparto dei vini dealcolati e a bassa gradazione si prepara a una crescita significativa nei prossimi anni. Secondo l’analisi dell’Osservatorio del Vino Uiv-Vinitaly su dati Iwsr, il segmento No-Lo (no e low alcohol) passerà dagli attuali 2,4 miliardi di dollari a 3,3 miliardi entro il 2028, con un tasso di crescita annuale composto dell’8% a valore e del 7% a volume.
I dealcolati cercano il loro spazio in un mercato del vino in stallo
Nel corso del convegno “Zero alcohol e le attese del mercato”, tenutosi oggi a Vinitaly, è stato evidenziato come il mercato del vino tradizionale stia vivendo una fase di stagnazione, con volumi in lieve calo (-0,9%) e valori sostanzialmente stabili (+0,3%). In questo scenario, i vini dealcolati – che a differenza delle altre categorie No-Lo possono fregiarsi legalmente della definizione di vino – rappresentano una nicchia interessante da sviluppare.
Attualmente, oltre l’80% delle vendite globali è concentrato in cinque Paesi: gli Stati Uniti guidano con una quota del 63%, seguiti da Germania (10%), Regno Unito e Australia (entrambe al 4%) e Francia (2%). L’Italia è ancora marginale nel panorama No-Lo, con un peso dello 0,1% sul totale delle vendite di vino e un controvalore di 3,3 milioni di dollari. Tuttavia, le stime prevedono una crescita fino a 15 milioni entro quattro anni, con un Cagr del 47,1%.
Castelletti (UIV): “Un’opportunità da cogliere puntando sulla qualità”
“Dobbiamo analizzare il fenomeno con lucidità, come un’opportunità aggiuntiva, certo non risolutiva per il vino italiano,” ha dichiarato Paolo Castelletti, segretario generale di Unione Italiana Vini. “Tassi di crescita così elevati riflettono un calcolo numerico a partire da numeri molto bassi, ma resta il dato tangibile di un interesse per un mercato che può rappresentare un alleato importante per le cantine italiane. Abbiamo fotografato una platea di consumatori disposti a sperimentare, sempre meno ancorati ad una sola bevanda. I No-Lo in questo senso sono un’ulteriore possibilità più che un’alternativa, legati a un consumo situazionale. A fare la differenza sarà la qualità del prodotto”.
Dall’analisi dell’Osservatorio emerge che negli Stati Uniti, 7 consumatori di vini analcolici su 10 bevono anche vino tradizionale. Il tasso di penetrazione dei prodotti no-alcol si attesta intorno al 10% sia tra i bevitori abituali di vino che tra gli astemi (12%). In Italia, invece, l’allineamento è ancora distante: solo il 7% dei consumatori di vino prova prodotti no-alcol, mentre tra gli astemi la percentuale sale al 13%.
Flamini (Osservatorio Uiv-Vinitaly): “Salute, guida e curiosità guidano le scelte”
Secondo Carlo Flamini, responsabile dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly, tra i principali driver di acquisto figurano la salute e uno stile di vita sano, citati da oltre il 30% dei rispondenti. In Italia, il 45% dei consumatori menziona la guida come motivo per preferire il vino a zero alcol, mentre negli Stati Uniti questa motivazione è indicata dal 36%. Per i prodotti low alcohol, invece, è la curiosità a giocare un ruolo determinante.
“Comprendere profondamente le ragioni che potrebbero muovere consumatori di queste bevande verso la scelta di un prodotto a tutti gli effetti ‘nuovo’ implica ragionamenti più olistici, che abbracciano anche la presentazione e il packaging,” ha osservato Flamini.
Vinitaly dedica un’area alla degustazione No-Lo
“La creazione dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly risponde alla necessità di monitorare con attenzione un mercato in piena evoluzione,” ha affermato Federico Bricolo, presidente di Veronafiere. “Già da questa edizione abbiamo previsto uno spazio interamente dedicato alla degustazione di prodotti No-Lo all’interno dell’area Mixology, che sta registrando grande interesse da parte di operatori e visitatori”.
Tra le criticità individuate dall’indagine, la scarsa reperibilità dei prodotti No-Lo rappresenta ancora oggi uno degli ostacoli principali al consumo, anche tra chi già acquista bevande a basso o nullo contenuto alcolico.