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Gio. Apr 17th, 2025

Dazi Usa allarmano filiera e industria agroalimentare

“Da Paese esportatore i dazi ci preoccupano, il 20% è un dato importante ma aspettiamo di capire esattamente quali saranno gli effetti delle scelte dell’amministrazione americana”.

Lo afferma il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, in un’intervista a ‘Repubblica’. Quanto ai negoziati di Bruxelles e Washington commenta: “In una trattativa i risultati si giudicano alla fine. Ora dobbiamo evitare una guerra commerciale che non è utile a nessuno. Il nostro obiettivo è collaborare con l’Unione europea e con i nostri alleati occidentali e strategici, come gli Usa, per trovare soluzioni che tutelino l’interesse nazionale italiano, europeo e americano. Non giudico quindi il modo di trattare, mi auguro che la presidente della Commissione europea, in collaborazione con gli stati nazionali, si muova per raggiungere un accordo diplomatico a vantaggio di tutti”.

“Mi auguro che non ci troveremo davanti a situazioni non sostenibili, ma se si arrivasse a una prevaricazione, abbiamo pronte alcune azioni per sostenere i settori colpiti da queste criticità” aggiunge Lollobrigida e alla domanda se con aiuti da parte dello Stato risponde: “Questo sta nelle cose. Però adesso evitiamo allarmismi: il settore del vino ha toccato tutti i record in termini di valore in questo periodo, abbiamo raggiunto il record nell’export. Poi certo, se dovesse cambiare la situazione e il comparto avesse problemi, prevediamo aiuti. Ma vale per tutti i settori che dovessero subire un’inversione di tendenza. Il governo fa l’interesse dell’Italia. Ma la politica seria si basa sull’analisi dei dati, non facciamo oroscopi”.

Origin Italia: La DOP Economy italiana in pericolo, soprattutto nei territori rurali più fragili

La guerra commerciale innescata dai dazi dell’amministrazione Trump continua ad avere effetti negativi non solo sull’economia, ma anche sulla tenuta sociale e sulla coesione dei territori rurali italiani. Non si tratta solo di cifre: è a rischio un modello di sviluppo che, negli ultimi anni, ha permesso di rilanciare economie locali fragili attraverso la valorizzazione dei prodotti DOP e IGP. L’Osservatorio della Fondazione Qualivita ha documentato con chiarezza, nel tempo, come le Indicazioni Geografiche abbiano consentito a numerosi territori di costruire un’economia solida e identitaria, capace di generare occupazione, presidiare il territorio e promuovere la sostenibilità ambientale e culturale. Negli ultimi 5 anni la DOP Economy è cresciuta in oltre il 90% delle province italiane a dimostrazione del radicamento capillare del sistema sul territorio in particolare nelle aree del sud che hanno mostrato i trend migliori di crescita grazie anche all’export. Tutto ciò è stato possibile grazie al valore aggiunto riconosciuto ai prodotti IG nei mercati internazionali, sia per le DOP italiane più conosciute, sia per quelle di dimensioni minori. Un valore non delocalizzabile, strettamente legato all’origine e alla cultura dei territori. Le barriere tariffarie, tuttavia, rappresentano un ostacolo significativo a questo percorso. Limitano l’accesso ai mercati globali, penalizzano le produzioni di qualità legate all’origine e favoriscono prodotti standardizzati o di imitazione realizzati in loco. In questo modo, compromettono la diffusione del modello IG e alimentano dinamiche di concorrenza sleale. Il danno si estende anche sul piano dei diritti: i dazi violano il principio della tutela della proprietà intellettuale riconosciuta a livello internazionale alle Indicazioni Geografiche, ostacolando il pieno esercizio di questo diritto da parte dei produttori legittimi. La protezione delle IG deve essere garantita attraverso un commercio equo e privo di ostacoli ingiustificati, nel rispetto degli accordi internazionali come il TRIPS.

Cesare Baldrighi – Presidente di Origin Italia: “Chiediamo un intervento urgente all’Europa e all’Italia affinché difendano con forza il sistema delle IG nelle sedi internazionali, per sostenere un comparto economico strategico e proteggere le 300.000 imprese italiane e i loro 900.000 occupati che aderiscono al sistema delle DOP IGP in Italia.”

Federvini: un gravissimo colpo al libero scambio

Federvini esprime profondo rammarico e forte preoccupazione a seguito della decisione assunta dall’Amministrazione statunitense di applicare dazi sui prodotti importati dall’Unione Europea. Una scelta che rappresenta un grave passo indietro nei princìpi di libero scambio internazionale e che danneggerà pesantemente l’interscambio transatlantico, con effetti particolarmente dannosi sulla competitività delle imprese del settore agroalimentare.
Il solo comparto di vini, spiriti e aceti italiani vale oltre 2 miliardi di euro di esportazioni verso gli Stati Uniti e coinvolge 40mila imprese e più di 450mila lavoratori lungo l’intera filiera.
La misura avrà impatti rilevanti anche su consumatori e operatori oltreoceano: sono migliaia gli addetti delle società USA coinvolti nell’importazione e distribuzione di questi prodotti, e l’aumento dei prezzi non sarà limitato ai dazi imposti, ma si estenderà a tutta la catena commerciale.
“La decisione di applicare dazi alle esportazioni europee negli Stati Uniti rappresenta un danno gravissimo per il nostro settore e un attacco diretto al libero mercato. Ci siamo già passati, e sappiamo bene quanto possa costare: in passato queste misure ci hanno portato a perdere fino al 50% delle esportazioni verso gli USA. Ora rischiamo di rivivere quel trauma economico, con ripercussioni pesantissime su tutta la filiera, dalla produzione alla distribuzione, fino al consumatore finale. Serve ora più che mai compattezza e determinazione da parte delle nostre istituzioni per contenere gli effetti devastanti di queste misure inutilmente protezionistiche e antistoriche”, ha dichiarato la Presidente di Federvini, Micaela Pallini.
Dalle tavole dei consumatori statunitensi scompariranno molte etichette, non sostituibili da produzioni locali, mentre in Italia e in Europa si profila una grave crisi produttiva e occupazionale.
Federvini – in piena sintonia con le associazioni di rappresentanza internazionali del settore vino e spiriti, che da tempo si sono attivate congiuntamente chiedendo una risoluzione diplomatica equa e rispettosa delle norme del commercio internazionale – rinnova l’appello alle istituzioni europee e nazionali affinché si impegnino con massima urgenza a riaprire il dialogo transatlantico e lavorare a una soluzione negoziata, capace di scongiurare uno scenario così critico.

Nicola Bertinelli: il Parmigiano Reggiano è un prodotto premium e l’aumento del prezzo non porta automaticamente ad una riduzione dei consumi

“Apprendiamo ora dai media che gli USA hanno introdotto tariffe aggiuntive pari al 20%. Si tratta di una tariffa fissa su tutte le importazioni che colpisce anche il nostro prodotto. I dazi sul nostro prodotto passano quindi dal 15% al 35%. Di certo la notizia non ci rende felici, ma il Parmigiano Reggiano è un prodotto premium e l’aumento del prezzo non porta automaticamente ad una riduzione dei consumi. Lavoreremo per cercare con la via negoziale di fare capire per quale motivo non ha senso applicare dazi a un prodotto come il nostro che non è in reale concorrenza con i parmesan americani. Ci rimboccheremo le maniche per sostenere la domanda in quello che è il nostro primo mercato estero e che rappresenta oggi il 22,5% della quota export totale. Il Parmigiano Reggiano copre circa il 7% del mercato dei formaggi duri a stelle e strisce e viene venduto a un prezzo più che doppio rispetto a quello dei parmesan locali. Noi non siamo affatto in concorrenza coi formaggi locali: si tratta di prodotti diversi che hanno posizionamento, standard di produzione, qualità e costi differenti: è pertanto assurdo colpire un prodotto di nicchia come il Parmigiano Reggiano per proteggere l’economia americana. Nel 2019, quando Trump introdusse tariffe aggiuntive pari al 25%, il Parmigiano Reggiano fu il prodotto più colpito con un incremento del prezzo a scaffale dai 40 ai 45 dollari al chilo. Fortunatamente i dazi sono poi stati sospesi il 6 marzo del 2021 e non ci hanno creato problemi in termini di vendite. Gli americani hanno continuato a sceglierci anche quando il prezzo è aumentato. Negli Stati Uniti chi compra il Parmigiano Reggiano fa una scelta consapevole: ha infatti un 93% di mercato di alternative che costano 2-3 volte meno. Imporre dazi su un prodotto come il nostro aumenta solo il prezzo per i consumatori americani, senza proteggere realmente i produttori locali. È una scelta che danneggia tutti. Oggi, il vero nemico dei produttori di latte non sono le loro controparti estere, ma i prodotti che vengono chiamati ‘latte’ o ‘formaggio’ pur non avendo alcuno legame con terra e animali, come i cibi a fermentazione cellulare”

COLDIRETTI: COSTEREBBERO AI CONSUMATORI AMERICANI 1,6 MLD DI EURO


Il dazio al 20% su tutti i prodotti agroalimentari Made in Italy porterà a un rincaro da 1,6 miliardi per i consumatori americani, con un calo delle vendite che danneggerà le imprese italiane, oltre ad incrementare il fenomeno dell’italian sounding. E’ quanto stima la Coldiretti in merito all’annuncio del presidente americano Donald Trump di imporre delle tariffe aggiuntive su tutte le merci europee. Al calo delle vendite va poi aggiunto il danno in termini di deprezzamento delle produzioni, da calcolare filiera per filiera, legato all’eccesso di offerta senza sbocchi in altri mercati. 
Occorre ora  lavorare a una soluzione diplomatica che venga portata avanti in sede europea, conclude Coldiretti.

REBUGHINI, DIR. GENERALE VERONAFIERE: CONDIVIDIAMO PREOCCUPAZIONE SETTORE. VINITALY A DISPOSIZIONE PER FACILITARE ACCORDI

I dazi reciproci del 20% al vino italiano ed europeo annunciati ieri sera dal presidente Trump non fermano gli operatori Usa in partenza per Verona. Sono oltre 3.000 i buyer americani confermati alla 57^ edizione di Vinitaly (Veronafiere, 6-9 aprile): un dato che replica il primato dell’anno scorso. “La presenza degli operatori statunitensi è una notizia incoraggiante per le aziende e per Vinitaly – commenta Adolfo Rebughini, direttore generale di Veronafiere -. Si apre uno scenario incerto che impatterà sulla geografia del nostro export. Condividiamo le preoccupazioni del settore e per questo mettiamo a disposizione delle organizzazioni la piattaforma di Vinitaly per facilitare eventuali accordi diretti tra imprese, associazioni italiane e importatori-distributori del nostro primo mercato di destinazione extra Ue”.
Nella delegazione complessiva dei 3mila operatori Usa a Vinitaly, sono presenti anche i 120 top buyer statunitensi (10% del contingente totale del piano di incoming 2025) selezionati, invitati e ospitati da Veronafiere e ICE, provenienti prevalentemente da Texas, Midwest, California, Florida e New York.
Sul fronte del programma, oltre agli incontri b2b in fiera, gli operatori americani saranno protagonisti di una serata di networking a loro dedicata (martedì 8 aprile, Palazzo della Gran Guardia) in cui sarà presentata anche la prossima edizione di Vinitaly.USA (Chicago, 5-6 ottobre 2025).

UIV: ITALIA (24% DELL’EXPORT) PIÙ ESPOSTA DI FRANCIA (20%) E SPAGNA (11%)

“Con i sanguinosi dazi americani al 20% il mercato dovrà tagliare i propri ricavi di 323 milioni di euro all’anno, pena l’uscita dal mercato per buona parte delle nostre produzioni. Perciò Uiv è convinta della necessità di fare un patto tra le nostre imprese e gli alleati commerciali d’oltreoceano che più di noi traggono profitto dai vini importati; serve condividere l’onere dell’extra-costo ed evitare di riversarlo sui consumatori”. Lo ha detto il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi, nel commentare i dazi al 20% annunciati dal presidente Trump anche per il vino. “Sarà difficile per molti ha aggiunto -, ma ciò che oggi spaventa ancora di più è che si ingeneri un gioco al rialzo davvero esiziale tra l’amministrazione americana e quella europea: l’accoglimento in sede Ue della proposta del ministro degli Esteri Tajani di escludere gli alcolici, e quindi il vino, da eventuali dispute sarà fondamentale”.
Secondo un’analisi dell’Osservatorio Uiv, l’unica soluzione è infatti da ricercare lungo la filiera, con il mercato – dalla produzione fino a importatori e distributori – che dovrebbe farsi carico di un taglio dei propri ricavi per un valore pari a 323 milioni di euro (su un totale di 1,94 miliardi) e mantenere così gli attuali assetti di pricing. Secondo Uiv, ben il 76% delle 480 milioni di bottiglie tricolori spedite lo scorso anno verso gli Stati Uniti si trova in “zona rossa” con una esposizione sul totale delle spedizioni superiore al 20%. Aree enologiche con picchi assoluti per il Moscato d’Asti (60%), il Pinot grigio (48%), il Chianti Classico (46%), i rossi toscani Dop al 35%, i piemontesi al 31%, così come il Brunello di Montalcino, per chiudere con il Prosecco al 27% e il Lambrusco. In totale sono 364 milioni di bottiglie, per un valore di oltre 1.3 miliardi di euro, ovvero il 70% dell’export italiano verso gli Stati Uniti.
Per il segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti: “Rispetto ai partner europei, l’Italia presenta due principali fattori di rischio: da una parte la maggiore esposizione netta sul mercato statunitense, pari al 24% del valore totale dell’export contro il 20% della Francia e l’11% della Spagna. Dall’altra, una lista di prodotti più sensibili su questo mercato, sia in termini di esposizione, che di prezzo medio a scaffale: solo il 2% delle bottiglie tricolori vendute in America vanta un price point da vino di lusso, mentre l’80% si concentra nelle fasce “popular”, che tradotto in prezzo/partenza significa in media poco più di 4 euro al litro”.

COOPERATIVE: “INTERVENIRE AL PIÙ PRESTO CON MISURE PER LA COMPETITIVITÀ DELLE IMPRESE”

“Abbiamo criticato i dazi come strumento di politica economica ma gli Usa hanno deciso di adottarli, pur se con percentuali inferiori a quanto minacciato. Ora è tempo di lasciare alle istituzioni politiche e alla diplomazia europea ed italiana lo studio delle adeguate contromisure ai dazi. Al tempo stesso ci preme però sollecitare l’assoluta urgenza di concentrarsi sulle difficoltà delle aziende, per le quali andranno subito pensate e predisposte misure a difesa della loro competitività”. È questa la prima reazione all’annuncio dei dazi al 20% fatto ieri da Trump del Presidente di Confcooperative Fedagripesca Raffaele Drei. Significativa la quota di export nel mercato a stelle e strisce delle cooperative aderenti a Confcooperative: negli Usa il fatturato delle cantine cooperative è di oltre 570 milioni di euro, il 30% di tutto l’export vitivinicolo nel mercato statunitense (che si attesta su 1,9 miliardi di euro), mentre per un altro settore ad alto valore aggiunto con le sue produzioni DOP come i formaggi, le cooperative commercializzano negli Stati Uniti 122 milioni di euro, il 25% di tutte le vendite di formaggi negli Usa, che nel 2024 hanno toccato quota 484 milioni di euro. Seguono poi altre filiere e prodotti in cui la cooperazione esporta valori significativi come il pomodoro da industria.“La situazione geopolitica internazionale che si è venuta a creare apre un reale problema di competitività che coinvolge secondo Drei “tutte le aziende del comparto, non solo chi esporta negli Stati Uniti, perché l’effetto depressivo coinvolgerà l’intero mercato”. Ma quali sono le misure per la competitività che possono realisticamente essere attivate in tempi rapidi? Il Presidente di Confcooperative Fedagripesca non ha dubbi: in primo luogo, spiega, per quanto riguarda il settore vino “occorre destinare maggiori risorse per la promozione, se davvero vogliamo aiutare le aziende ad acquisire nuovi mercati. Andrà fatto inoltre un grande lavoro di sburocratizzazione nelle procedure per l’accesso ai bandi. All’Europa chiediamo misure per la promozione più snelle e in generale risposte più efficaci rispetto al passato perché quelle attuali risultano un po’ timide rispetto all’urgenza di aggredire nuovi mercati”. Mentre sul piano nazionale, l’auspicio è che non si finisca per assumere provvedimenti che mirino alla riduzione del potenziale produttivo per tutelare il patrimonio vitivinicolo italiano. “Produrre di meno non può essere la soluzione per essere più competitivi sui mercati e non dobbiamo farlo”, spiega Drei. Più in generale, per altri settori fortemente orientati alle esportazioni, le istituzioni secondo il presidente Drei “dovranno concentrarsi maggiormente nei rapporti internazionali per promuovere rapporti bilaterali con altri paesi extra-Ue, anche attraverso nuovi accordi di libero scambio al fine di migliorare canali commerciali già consolidati o aprire altri mercati in cui oggi è difficile conquistare quote di mercato. Il settore lattiero-caseario rischia di veder compromessa la stabilità della tutela delle Dop con il conseguente proliferare dell’Italian sounding”.

Federalimentare: “Negoziato prudente UE – USA. Governo ci convochi”

“I dazi dell’amministrazione di Trump ci preoccupano e non poco. Il +20% di tasse, che si sommano a quelle già previste per le nostre esportazioni, unite alla possibilità di averne ulteriori di tipo verticale su alcuni nostri prodotti merceologici come il vino, rischiano di avere effetti devastanti lungo tutta la catena del valore che come Federalimentare stimiamo in un -10% sui fatturati e un -30% nei volumi dell’export”. Lo dichiara il Presidente di Federalimentare, Paolo Mascarino.
“Il momento è molto delicato, come industria alimentare siamo consapevoli che ogni decisione dovrà essere presa a livello europeo. Il negoziato, così come ha sostenuto il Presidente di Confindustria Emanuele Orsini – prosegue Mascarino – dovrà essere prudente e fermo, evitando di innescare una guerra dei dazi fra Ue e America che sarebbe ancora più drammatica con scenari ritorsivi che potrebbero peggiorare ulteriormente i dazi al nostro settore. Dobbiamo trattare con gli Stati Uniti perché è un mercato per noi fondamentale, e al tempo stesso dobbiamo diversificare le destinazioni del nostro export così da compensare le nostre eventuali perdite derivanti dal mercato americano. Quindi – aggiunge – ben vengano da parte dell’Europa proposte in tal senso”.
“Federalimentare è convinta – conclude Mascarino – che sarà decisivo poterci presentare in Ue con una proposta univoca e pragmatica che metta al centro gli interessi nazionali e del nostro comparto alimentare, trainante per l’economia del paese. Per questa ragione, così come è avvenuto in Spagna e Francia, chiediamo al Governo di essere convocati insieme a Confindustria per gestire insieme e al meglio questa situazione”.

Altroconsumo: necessario un vero mercato unico europeo per contrastare i dazi USA

L’imposizione di dazi da parte degli Stati Uniti, annunciata dal Presidente Donald Trump, rischia di avere effetti negativi sull’economia europea, aumentando inflazione e recessione. Federico Cavallo, Responsabile Relazioni Esterne di Altroconsumo, sottolinea l’urgenza di un vero mercato unico europeo, capace di integrare prodotti e servizi per contrastare gli impatti della guerra commerciale.L’amministrazione Trump critica non solo i dazi UE, ma soprattutto le regolamentazioni europee, considerate barriere per le imprese statunitensi. Le norme su ambiente, cybersicurezza, commercio elettronico e proprietà intellettuale vengono viste come ostacoli competitivi, ma Altroconsumo difende queste regole come garanzie per i consumatori.Nonostante le direttive europee, il mercato unico resta incompleto e le frammentazioni tra gli Stati membri rappresentano ostacoli economici paragonabili ai dazi. Paradossalmente, le politiche protezionistiche degli USA potrebbero accelerare l’integrazione europea. Altroconsumo, insieme a Euroconsumers, chiede un impegno concreto per rafforzare il mercato unico e tutelare i cittadini. Solo un’Europa unita e coesa potrà contrastare strategie di frammentazione e affermarsi come protagonista nel commercio globale.

ASSICA: A RISCHIO IL TERZO MERCATO PER I SALUMI ITALIANI

Il mercato statunitense, terza destinazione per l’export dei salumi italiani, rischia un duro colpo a causa dei nuovi dazi annunciati dal governo Trump. Nel 2024, le esportazioni di salumi italiani verso gli USA hanno raggiunto 20.188 tonnellate (+19,9%), per un valore di 265 milioni di euro (+20,4% rispetto al 2023). Tuttavia, l’introduzione di un ulteriore dazio del 20% potrebbe compromettere gravemente questa tendenza positiva.
“Questo nuovo onere, rappresenta una fonte di preoccupazione per le nostre imprese. L’aumento dei costi per i consumatori americani avrà sicuramente una incidenza negativa” – ha dichiarato Lorenzo Beretta, Presidente di ASSICA – Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi. “Se nel 2019 i dazi statunitensi colpirono solo alcune categorie di prodotti, come salami, mortadelle e alcune preparazioni cotte, oggi il provvedimento coinvolge l’intera gamma, con un impatto particolarmente grave sui prosciutti crudi che sono la categoria più esportata”.
I dazi arrivano in un momento già critico per l’industria dei salumi italiani, che sta affrontando anche sul fronte export le difficoltà legate alla diffusione della Peste Suina Africana (PSA), come la chiusura di importanti mercati come il Giappone e la Cina e l’adozione di altre misure restrittive. “Il mercato statunitense che negli ultimi anni è quello che ha avuto un maggiore sviluppo e ha rappresentato anche un importante sbocco tra i Paesi terzi, rischia di vedere l’arresto di questa crescita, tornando ai risultati del 2022. Questa decisione del governo USA rappresenta un ulteriore ostacolo per le nostre imprese, già messe alla prova da sfide sanitarie e commerciali” – ha concluso Beretta. ASSICA ribadisce la necessità di un dialogo con le istituzioni italiane ed europee per individuare strategie di supporto alle aziende del settore e tutelare la competitività del Made in Italy sui mercati internazionali.

Cia: serve risposta negoziale immediata dell’Ue

La scure di Trump è arrivata, con l’annuncio di dazi al 20% che colpiranno indistintamente tutti i prodotti europei, a partire dall’agroalimentare Made in Italy. Per questo serve subito una risposta ferma e immediata dell’Ue per aprire una trattativa e scongiurare una guerra commerciale con un’escalation devastante in cui perderebbero tutti. Così il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini.
“La politica dei dazi è sbagliata e controproducente -ribadisce Fini-. Adesso non bisogna andare in ordine sparso ma agire uniti come Europa, con un approccio non di sudditanza. Occorre un’azione diplomatica rapida, forte e decisa”. Va recuperato, insomma, quel sogno europeo di coesione che aveva animato i padri fondatori e che si è via via sgretolato, con gli Stati membri sempre più arroccati su posizioni e interessi nazionalistici, ritrovando un approccio condiviso e mirato per reagire alle forzature di Trump.
Allo stesso tempo, continua il presidente di Cia, “è necessario ridefinire le politiche di globalizzazione, che evidentemente stanno mostrando tutte le loro crepe, anche attraverso il ruolo del WTO”.

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