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Gio. Mar 27th, 2025

Il danno per il vino italiano con l’ipotesi di dazi al 25% potrebbe ammontare a circa 470 milioni di euro solo per gli effetti diretti sulla domanda negli Stati Uniti, senza considerare quelli indiretti sull’export globale, che farebbero lievitare il conto a quasi un miliardo di euro. L’Unione italiana vini (Uiv) esprime preoccupazione attraverso un’analisi del suo Osservatorio sugli impatti delle nuove tariffe annunciate dall’amministrazione Trump per l’agricoltura europea, sottolineando il rischio di ridimensionamento della domanda statunitense per il vino italiano, spesso erroneamente considerato esente da tali pericoli perché percepito come “di lusso”.

Frescobaldi: qualità-prezzo valore aggiunto vino tricolore. Agire su più livelli

Secondo Uiv, almeno l’80% del vino italiano rischia un drastico calo delle vendite. Si tratta della quota che rappresenta la spina dorsale delle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti, pari a 2,9 milioni di ettolitri su un totale di 3,6 milioni. Si parla di quasi 350 milioni di bottiglie di vino italiano, concentrate nelle fasce “popular”, con un prezzo franco cantina di 4,18 euro al litro. Al dettaglio, dopo trasporto, dazi e ricarichi della distribuzione, questi vini rientrano in una fascia di prezzo che non supera i 13 dollari a bottiglia. Diversa la situazione per i vini luxury, che rappresentano solo il 2% del totale esportato in volume (8% del valore) e sono meno esposti a riduzioni di acquisto.

Il presidente di Uiv, Lamberto Frescobaldi, ha dichiarato: “Il vino italiano negli Stati Uniti, che vale circa 2 miliardi di euro con una quota del 24% sul totale delle nostre esportazioni, è composto da prodotti fortemente identitari che, insieme a un vincente rapporto qualità-prezzo, hanno contribuito al successo del made in Italy enologico. La spina dorsale del nostro export è posizionata nella fascia media, con possibili fluttuazioni di prezzo dettate dai dazi, che potrebbero spingere la domanda verso altri prodotti. Secondo Uiv, è fondamentale agire con un ‘piano di contingenza’ articolato su tre livelli: il primo, negoziale, per evitare che il vino venga inserito nelle liste di prodotti soggetti a barriere commerciali; il secondo, comunitario, per predisporre misure compensatorie e di promozione; il terzo, nazionale, per affrontare il tema del contenimento produttivo”.

L’Osservatorio Uiv evidenzia che il prezzo medio dell’export italiano verso gli Stati Uniti è di 5,35 euro al litro. Solo il 30% dei vini “popular” si allinea a questa cifra (5,26 euro), mentre oltre la metà si attesta ben al di sotto (3,53 euro). Se le tariffe supplementari del 25% non venissero gestite con equità tra le parti, questi vini verrebbero automaticamente spostati nella fascia “premium”. Ciò significherebbe coinvolgere la maggior parte delle produzioni italiane, dal Pinot grigio al Prosecco, dal Chianti al Lambrusco, dal Moscato d’Asti ai vini siciliani e alle etichette della maggior parte delle regioni italiane. Tuttavia, il segmento premium, che oggi rappresenta il 17% del volume totale export con un prezzo medio franco cantina di 8,80 euro al litro e un price point al dettaglio che varia dai 13 ai 30 dollari a bottiglia, non potrebbe assorbire un improvviso spostamento di una così ampia quantità di referenze provenienti dalla fascia inferiore.

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