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Quanto vale un reel, un TikTok, una sessione di Instagram di un food influencer?

È di pochi giorni fa la notizia proveniente da un noto ristorante di New York, il Bad Roman, dove un commensale ha redarguito una food influencer che stava scattando alcune foto al suo piatto appena servito dal cameriere. E’ quanto riporta Corrieredelvino.it.

La nota influencer Morgan Raum avrebbe infatti tirato fuori una luce a led e il telefono per scattare la gustosissima foto, ritraente un antipasto di ricotta con miele al tartufo nero. Il momento artistico è stato interrotto da “Basta! Basta!” a gran voce del vicino di tavolo. Sono seguite le spiegazioni di ognuno: “Sto filmando dei contenuti” e l’altro, “Non puoi usare la luce, ci stai dando fastidio”.

E pensare che un reel (ossia un video), un TikTok e una sessione di Instagram pubblicati da un food influencer, costerebbero mediamente 70 euro. Per una collaborazione più duratura e ulteriori sponsorizzazioni, i ristoratori dovrebbero tirare fuori anche 1.400 euro al mese. Secondo i dati pubblicati su Repubblica (novembre 2022).

Emblematiche anche le diatribe che si sono scatenate con gli chef per cene gratis in cambio di recensioni a locale e piatti. Ma non sempre è così, ha spiegato in una intervista Chiara Maci, nota food influencer italiana. «È una questione personale, a me non verrebbe mai in mente al mondo di chiedere di essere ospitata in un posto senza voler pagare. A me è capitato al contrario: ristoranti che mi scrivono di andare da loro offrendomi anche un compenso, ma io non mi faccio pagare per andare dal ristorante. A volte, al momento di pagare mi dicono che sono loro ospite, ma io trovo sempre il modo, sul tavolo, per lo staff di sala».

Pagare per la pubblicità sì ma non si fanno marchette. Si arriva dunque al discorso: chi è nato prima, l’uovo o la gallina? Investire del denaro per avere visibilità e soprattutto una Critica con la C maiuscola, che sia sana, costruttiva, sincera, deve essere lo scopo e il metodo delle attività commerciali.

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Ma già leggendolo questo discorso sembra un po’ “vintage”, molto più semplice pagare chi non ha nessuna esperienza nel settore e l’unico suo parametro di giudizio sono i soldi offerti. Ma attenzione, adesso si rischia di sfociare nella misantropia che avvolge il grande fenomeno degli influencer.

Qual è quindi il giusto peso per equilibrare l’ago della bilancia?

Il punto di partenza potrebbe essere il significato stesso della parola: trovare quindi una definizione stretta che escluda l’attribuzione a persone inappropriate.

Sul vocabolario della Crusca si legge: influencer, personaggio popolare soprattutto in rete che è in grado di influenzare l’opinione pubblica riguardo a un certo argomento.

Se aggiungessimo anche: … con una comprovata esperienza nel settore che esprime in rete…

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Si potrebbe accendere sul tema un simpatico dibattito, che eviteremo però in questa sede, mi rimettiamo a voi.

Certo è che il mondo della comunicazione è cambiato e il social è diventato uno strumento (quasi) imprescindibile per raccontarsi.

Oggi l’Italia ha la sua Venere di Botticelli influencer con 162 mila followers. Ma la cultura e la conoscenza sono cose che richiedono tempo, ed esperienza. Non misurabili attraverso il numero di followers, ma comprovabili attraverso: titoli di studio, impiego lavorativo, pubblicazioni o attestati.

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