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FOOD E SOSTENIBILITÀ

Rendere la ristorazione italiana veramente sostenibile è possibile. Il progetto pilota guidato dall’Università Cattolica a Parma e Piacenza

Gli scienziati dell’Università Cattolica, campus di Piacenza, insieme alla Ong Piacecibosano, hanno condotto un progetto pilota nelle province di Parma e di Piacenza per migliorare la sostenibilità del settore della ristorazione. I ricercatori hanno anche svolto un’analisi approfondita sull’impatto potenziale per l’ambiente di una ristorazione sostenibile: aderendo al programma, il 76% dei ristoratori analizzati raggiunge importanti obiettivi di sostenibilità previsti dall’Agenda 2030, riducendo gli sprechi e i consumi.

Scelta di alimenti da agricoltura sostenibile, locali e stagionali, menù trasparenti che parlino al consumatore, uso di materiali sostenibili e riciclabili, menù adatti a tutti e anti-spreco: sono alcune delle raccomandazioni del piano anti-sprechi per la sostenibilità del settore della ristorazione messo a punto dagli esperti dell’Università Cattolica, campus di Piacenza. Un piano che conferisca un volto nuovo a un settore vastissimo, quello della ristorazione, che spazia dai ristoranti di ogni tipo fino alle mense, pubbliche e private.

Si tratta di un piano di sostenibilità per il settore che riduca sprechi e impatto ambientale della ristorazione, basato su buone pratiche, sistemi di qualità, misure da attuare sia nella sala dove si consuma il pasto sia nelle cucine. Con uno sguardo al futuro e all’ambiente, rappresentando un volano importante per la sostenibilità all’interno dell’intera filiera alimentare.

«Il progetto pilota si è svolto nelle province di Parma e Piacenza su 29 ristoranti oggi certificati» spiega Ettore Capri, direttore del centro di ricerca OPERA – Osservatorio europeo per l’agricoltura sostenibile della Cattolica. Se ne è parlato, proprio nel campus piacentino dell’ateneo, all’evento “Innesti sinergici”. Giunto alla sua quinta edizione, ha visto protagonisti chef professionisti e giovani chef che si sono contesi la palma per la migliore ricetta sostenibile davanti ad una giuria di esperti nutrizionisti, scienze gastronomiche, giornalisti, enologi e manager. Gli chef hanno presentato sofisticate ricette che coniugano tecnologia, gusto, conoscenze alimentari, paradigmatiche della fattibilità reale di un programma in favore della sostenibilità della ristorazione sviluppato dall’ateneo, insieme all’associazione Piacecibosano – Ristorazione Sostenibile 360 (RS 360).

«È un vero cambiamento culturale» commenta Lucrezia Lamastra, coordinatrice scientifica dell’evento. «Cinque anni fa le ricette sostenibili si basavano sul mero recupero di bucce di frutta e di verdura, di residui vegetali e animali, di composte di ingredienti non validi dal punto di vista nutrizionale. Oggi assistiamo ad una cucina di alta qualità dove la sostenibilità si coniuga con alto livello nutrizionale ed innovazione gastronomica».

Sulla rivista Science of the Total Environment, i ricercatori della Cattolica hanno pubblicato una ricerca guidata dal professor Capri, finanziata tramite il conferimento della borsa di ricerca da parte della fondazione Invernizzi a Roberto Di Pierro e Elisa Frasnetti, proprio sulla sostenibilità del settore. Lo studio mostra che adottando comportamenti sostenibili come la formazione del personale, il coinvolgimento della comunità, l’attenzione alla qualità dei prodotti, il 76% dei ristoranti analizzati raggiunge almeno il 70% del livello massimo di realizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dettati dalle Nazioni Unite nell’Agenda 2030. La ricerca ha analizzato in dettaglio sette possibili programmi sviluppati per aumentare la sostenibilità del settore, mostrando che, nel complesso, solo i programmi che prendono in considerazione tutti gli aspetti della sostenibilità ambientale, economica e sociale sono più efficaci e resilienti alle emergenze economiche del settore.

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«Gestire una realtà ristorativa seguendo gli Obiettivi di sviluppo sostenibile è possibile» spiega Capri. «E porterebbe a notevoli benefici per le diverse comunità territoriali italiane, oltre ad essere un’eccellenza del made in Italy da esportare all’estero. A seguito della raccolta dei dati per la ricerca è emerso che le realtà economiche della ristorazione tendono a soffrire di forte obsolescenza, e spesso le loro attività sono caratterizzate da processi altamente lineari che possono creare spreco, anche se non intenzionalmente. Il prodotto usato dai ristoratori viene acquistato, immagazzinato, trasformato, servito e consumato, escludendo, nella maggior parte dei casi, qualsiasi soluzione ciclica». In questo contesto, sottolinea il professor Capri, lo spreco alimentare è emblematico: pari a circa il 14% dell’intera filiera agroalimentare in Italia. Vale a dire circa 700 mila tonnellate di cibo sprecato all’anno, per un valore di quasi 2 miliardi di euro. La ragione di ciò è un rapporto tra domanda e offerta che, insieme a una caratterizzazione dell’offerta spesso completa e differenziata, rende complicato per il ristoratore pianificare l’approvvigionamento in modo efficiente. Inoltre, la preparazione di menù finalizzati al riutilizzo dei prodotti alimentari è una pratica ancora poco diffusa, così come l’educazione e la sensibilizzazione dei clienti ad evitare gli sprechi.

La ristorazione, se è non sostenibile, contribuisce ai cambiamenti climatici anche in modo esplicito, producendo anidride carbonica. Secondo la Federazione italiana pubblici esercizi (Fipe) le imprese di ristorazione sono anche grandi consumatori di energia: richiedono in media 8,6 miliardi di kWh all’anno, circa 26.000 kWh per ogni ristorante, quasi dieci volte in più rispetto al fabbisogno di una famiglia media, e circa il 16% in più di quanto dovrebbe essere consumato da ogni impresa.
Inoltre, il settore consuma circa il 28% in più di acqua, rispetto gli standard previsti, in relazione alle dimensioni della superficie del locale. L’uso inefficiente delle risorse alimentari, idriche ed energetiche da parte del settore causa un forte impatto ambientale, sociale ed economico. L’attività di ristorazione è responsabile di circa 110.201 kg di CO2/eq all’anno, con 6.601,56 kg di CO2/eq da risorse energetiche e 103.600 kg di CO2/eq relativi allo spreco alimentare. Questi impatti potrebbero essere ridotti al 30% seguendo adeguati standard di gestione.

Tuttavia, gli elevati carichi ambientali non sono l’unica conseguenza dell’uso improprio delle risorse. Nella spesa annuale di un ristorante, la somma degli importi per materie prime e ausiliarie, acqua ed elettricità equivale al 25% dei costi totali. Considerando gli standard di utilizzo e dimensione dell’area, ciò rappresenta una perdita pari a circa il 5% del fatturato annuo totale. «La nostra ricerca evidenzia che i programmi di sostenibilità potrebbero consentire al settore di raggiungere tutti gli obbiettivi di sostenibilità di Agenda 2030 e il livello di implementazione delle pratiche sostenibili nel contesto italiano», spiegano gli esperti della Cattolica. Come hanno sottolineato Capri e Lamastra, dallo studio si evince che la ristorazione è un settore in continua evoluzione: grazie a chef pionieri della sostenibilità, e ad alcune scuole e università che hanno intrapreso percorsi educativi ad hoc per i nuovi manager della ristorazione sostenibile.

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