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Sab. Nov 9th, 2024

È ormai consolidata in Italia l’abitudine di abbonarsi: dalla musica ai film e serie TV, dal delivery ai corsi online… continua a crescere il numero di contenuti, servizi ed anche di prodotti proposti in abbonamento, tanto che si inizia a parlare di ‘subscription fatigue’, lo stress che deriva dalla gestione di dozzine di abbonamenti in tutti i campi – non solo nel mondo consumer e per servizi digitali (software, piattaforme di intrattenimento, delivery), ma anche per beni durevoli (basti pensare al mondo delle auto o degli elettrodomestici). E le nuove frontiere dell’abbonamento hanno raggiunto anche il mondo del food & beverage, segnando di fatto un’ulteriore, interessante svolta, che apre a nuove opportunità per gli operatori di settore.

I modelli di business subscription apportano infatti numerosi benefici, a partire da un importante aspetto remunerativo: è stato creato un indice per misurare la crescita delle imprese con modelli di business in abbonamento e, su un decennio, se le vendite delle Fortune 500 – le 500 più grandi imprese listate ogni anno dalla rivista Fortune – hanno registrato una crescita del 130%, le imprese subscription hanno avuto una crescita delle vendite pari al 430%.

Ma restringendo il campo al mondo F&B, quali sono le modalità e gli ingredienti necessari per trasformare la propria attività di impresa in un abbonamento? Quali le potenzialità? A queste domande hanno risposto oggi – come riporta Adnkronos – Università della Birra, innovativo hub di formazione professionale promosso da Heineken Italia, e LIUC Business School attiva presso la Liuc – Università Cattaneo, punto di riferimento nazionale per la formazione universitaria in Economia Aziendale e Ingegneria Gestionale, nel quarto ed ultimo appuntamento in diretta streaming del progetto formativo condiviso ‘A tavola con… – Evoluzione del Food & Beverage in Italia‘.

Intitolato “Diventare ‘subscription business’. Perché i modelli di business in abbonamento sono il futuro della distribuzione di cibo e bevande?”, l’incontro è stato curato da Fernando Alberti, professore ordinario di economia aziendale alla Liuc – università Cattaneo e docente Liuc Business School, che, ripercorrendo esempi e case study, ha guidato nella comprensione delle caratteristiche dei modelli di business in abbonamento, spiegando cosa fare e cosa evitare per distribuire con successo ai propri clienti, privati e industriali, cibi e bevande con questa formula.

La panoramica dei modelli di business in abbonamento parte dall’analisi dell’andamento in dieci anni (dal 2011 al 2020) delle imprese del manifatturiero italiano (circa 378.000 divise in 24 settori) e di quelle dei servizi (circa 113.000 divise in 19 settori) alla ricerca di quelle più competitive, ovvero quelle con un tasso di crescita superiore a quello dei loro pari di settore in termini di fatturato, redditività e numero dipendenti anno su anno per l’intero decennio.

Per ciascuno dei 43 settori sono state selezionate due aziende top performer e sono state condotte interviste ai ceo al fine di indagare le scelte strategiche alla base dei loro straordinari risultati e di quella che – su un decennio – si potrebbe senz’altro definire ‘resilienza’. Dall’analisi incrociata sono emerse sei traiettorie strategiche comuni a tutte le imprese studiate, che spiegano come le imprese più competitive siano state in grado di disegnare modelli di business #futureready, ovvero a prova di futuro. E una di queste traiettorie è proprio ‘From Asset to Subscription’ (Dai beni all’abbonamento).

Ma come siamo arrivati a questo fenomeno? Molti sono i driver, primo tra tutti il venir meno del concetto di ‘Proprietà’: abbiamo sostituito alla proprietà degli asset la loro fruizione e questo è stato possibile sicuramente grazie all’avvento delle tecnologie digitali, ai pagamenti online, alla possibilità di disintermediazione fino all’utilizzatore finale.

Ed ecco che il modello subscription oggi non è presente solo nella fruizione di contenuti digitali in streaming (musica, video, libri e videogiochi), ma è ormai la norma in tutti i consumable goods (dalle cartucce per la stampante, al caffè, dai detersivi alla spesa alimentare). Alcune aziende hanno sfruttato il modello subscription per svilupparsi in ambiti specifici. È il caso delle box enograstonomiche: dalla frutta e verdura bio, alle specialità di un territorio, da birra, vino e gin alle ricette già porzionate con tutti gli ingredienti e le istruzioni per realizzarle. Sono cresciute anche le gift box in abbonamento, dalle calze ai fiori passando per i marshmellow.

Vi sono poi soluzioni in abbonamento in tutto il mondo delle auto e dei veicoli più in generale, compresi quelli commerciali, nell’elettronica – con possibilità di sostituire completamente il device in caso di problemi o rotture – e nella moda – con servizi di abbonamento al guardaroba stagionale, nell’abbigliamento sportivo o nei giocattoli per bambini, in ragione al crescere dell’età. Sempre di più oggi si assiste anche allo sviluppo di modelli in abbonamento nel campo della salute e della sanità, da app di supporto terapeutico per il wellness, la mindfulness o la salute mentale, a servizi medici completi in cliniche on e off line. Un ambito molto ampio si è creato attorno alle macchine e ai servizi di fitness domestico connessi e integrati con fruizione di trainer in abbonamento e possibilità di esercitarsi insieme alla propria community.

In abbonamento vanno anche il settore dell’education e quello della consulenza: dai corsi di formazione più tradizionali alla acquisizione di badge formativi, dal mentoring ai servizi di affiancamento consulenziale. I modelli subscription diventano anche la modalità più diffusa di fruizione di servizi aziendali, da quelli di marketing e e-commerce a quelli di contabilità o gestione del magazzino. Da ultimo, il modello subscription si sta sviluppando anche molto a monte e molto a valle nelle filiere: dall’abbonamento ad impianti, macchinari pesanti e attrezzature industriali a quello nei punti vendita, dove abbonarsi alla propria colazione preferita o al solito tavolo.

Moltissimi sono infatti i benefici di un modello di business in abbonamento sia per chi lo offre sia per chi lo fruisce: la connessione diretta e costante con gli utilizzatori finali, saltando tutte le fasi intermedie, consente di instaurare con il cliente “una promessa per sempre”, legandolo a doppio filo non solo sul fronte dei flussi continui e costanti di pagamento, ma anche in termini di monitoraggio dell’uso che di quel prodotto o servizio ne fa l’abbonato.

Ciò genera indubbiamente un flusso di dati comportamentali di grande valore, che consentono di adeguare costantemente prodotti e servizi, personalizzare all’estremo l’esperienza di fruizione, fondere il customer service con la ricerca e sviluppo in un incessante flusso di dati e di innovazioni di prodotto e servizio. Non solo. La scomparsa della proprietà per l’utilizzatore finale produce un cambio radicale nel concetto di ‘total cost of ownership’ e promuove una crescente aspettativa verso l’all inclusive, mentre la logica delle cosiddette “capex” (capital expenditure) passa a quella delle “opex” (operating expenditure). Inoltre, la relazione diretta con gli utenti finali permette ai provider di prodotti e servizi in abbonamento di contare su una base più stabile e fedele di clienti, che ovviamente ha indubbi benefici in termini di flussi di entrate prevedibili e quindi di valutazione dell’azienda stessa.

“Perché tutto va in abbonamento? Innanzitutto, la vera domanda è: perché no? Come affermano i teorici del modello subscription, a parte alcuni mercati captive o l’esistenza di monopoli derivanti dalla localizzazione geografica, da una concessione governativa o da un brevetto, non vi è ragione per non trasformare il proprio modello di business in un modello di business in abbonamento”, spiega il professor Alberti.

“Il webinar -continua- è stato occasione per offrire una panoramica della varietà di settori che hanno abbracciato il modello di business in abbonamento, attraverso casi ed esempi utili a capire come traghettare la propria impresa verso un modello di business subscription e a ispirare nuove strategie. Da un lato, mettendo in fila i principali driver da presidiare e guardando alle forme già codificate – dal pay-per-use allo sharing, dal renting al performance-based, dal cosiddetto “as a service” al pre-approved, dai programmi vip a quelli unlimited, dai modelli surprise o discovery a quelli di loyalty -, dall’altro, scoprendo che anche modelli in abbonamento conosciuti, come il front-of-the line (il servizio di priority tipicamente applicato agli imbarchi aerei, ad Atlanta è diventato un abbonamento ad una corsia autostradale dedicata, con meno traffico) o gli All-you-can-eat, possono essere applicati ad una libreria o a contenuti digitali e non solo a cibo di dubbia qualità”.

“Dal turismo gastronomico dopo la pandemia alle imprese familiari, dai nuovi modelli di consumo ai subscription business, in questa seconda edizione di ‘A tavola con… – evoluzione del food & beverage in Italia’ abbiamo scattato una dettagliata fotografia dello scenario che gli operatori del settore si trovano quotidianamente a gestire, approfondendo tendenze emergenti, delineando prospettive future sulla base degli eventi degli ultimi mesi, ma anche e soprattutto offrendo strumenti operativi di analisi e azione, di gestione e problem solving”. “Ogni business necessita di strumenti idonei per muoversi tra i numerosi cambiamenti e cogliere le opportunità dei nostri tempi: per questo il progetto formativo si è sempre contraddistinto per un approccio pragmatico e concreto, con i contributi dei nostri esperti e della Liuc Business School e con casistiche e applicazioni concrete, che saranno indispensabili nella gestione e nell’evoluzione del proprio business”, ha dichiarato Massimo Furlan, direttore dell’università della Birra.

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