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SOSTENIBILITÀ

In Italia lo spreco alimentare costa oltre 9 miliardi di euro. Segre: l’estate ci ha resi più spreconi

Il mondo si avvicina rapidamente al 2030, l’Anno di verifica degli Obiettivi dell’Agenda delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile: «ma con tutta evidenza, più ci avviciniamo al traguardo, più si allontanano gli obiettivi #famezero e #sprecozero – spiega l’agroeconomista Andrea Segrè, fondatore della campagna pubblica di sensibilizzazione Spreco Zero – Negli anni della recrudescenza della povertà alimentare in Italia e nel mondo, lo spreco alimentare – prosegue Segrè, nella sua veste di direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher – vale oltre 9,2 miliardi solo per il cibo gettato nelle case italiane: una stima che sale a 15 miliardi se includiamo il costo dell’energia utilizzata per la produzione del cibo. Eppure, sempre in Italia, oltre 2,6 milioni di persone faticano a nutrirsi regolarmente a causa dell’aumento dei prezzi e dei rincari delle bollette e 5,6 milioni di individui (il 9,4% della popolazione) versano in condizione di povertà, secondo i dati Istat 2021. Siamo ai massimi storici, e con tutta evidenza l’Italia e il mondo devono darsi l’obiettivo di una global food policy come strategia sociale, economica e di sviluppo sostenibile».

L’estate ha reso gli italiani più spreconi, la quota di spreco settimanale pro capite è passata da 595,3 a 674,2 grammi rispetto all’ultima rilevazione di Waste Watcher International, diffusa nel febbraio 2022. Lo ha stimato l’Osservatorio internazionale di Waste Watcher / Spreco Zero attraverso i dati del World Foodwaste Report – un progetto della campagna Spreco Zero su monitoraggio Ipsos – che indaga i comportamenti dei cittadini di 9 Paesi del mondo: Italia, Spagna, Germania, Francia, Regno Unito, Stati Uniti, Sudafrica, Brasile, Giappone. Un ‘tracciamento’ che permette di comporre la mappa degli stili alimentari sulla Terra, realizzato intervistando complessivamente 9mila cittadini, per un campione statistico di 1000 cittadini a Paese. Il Rapporto è stato presentato oggi, giovedì 13 ottobre, nello Spazio Europa, sede della Commissione Europea a Roma, a Roma, in vista della Giornata mondiale dell’Alimentazione, domenica 16 ottobre. Sono intervenuti il fondatore della campagna Spreco Zero Andrea Segrè, il Chief Economist FAO Maximo Torero Cuellen, il Vice Direttore Generale Aggiunto FAO Maurizio Martina, Stefano Gatti Inviato Speciale per la Sicurezza Alimentare, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Enzo Risso Direttore Scientifico IPSOS, Matteo Vittuari, Università di Bologna-Distal, coordinatore Cross Country Report. I dati del “caso Italia” sono stati illustrati dal coordinatore Luca Falasconi, Università di Bologna – LMM.

Nel corso dell’incontro sono stati presentati anche i dati dell’indice di fiducia dei consumatori: «gli italiani – ha spiegato il direttore scientifico Ipsos Enzo Risso – sono terz’ultimi in questa “istantanea” mondiale, con il 39,9% di fiducia (in calo di 3 punti)». Questo significa che 6 italiani su 10 non hanno fiducia nel quadro sociale ed economico attuale e futuro, a differenza degli statunitensi (indice di fiducia 50,9%), e in Europa della Germania, che primeggia per indice di fiducia dei consumatori al 47,2 %. Piu’ ottimisti di noi i brasiliani (46,6), francesi (44,9) e inglesi (44,6). In coda Sudafrica (37,1) e Giappone (38,2). Relativamente alle proiezioni fra sei mesi, è il Brasile il popolo più fiducioso: quasi 6 cittadini su 10 (58%) ritengono che la situazione economica nel loro Paese migliorerà. Anche qui gli italiani sono quasi fanalino di coda, con il solo 10% di cittadini ottimisti, 1 su 10. Meno di noi solo il Giappone (7%). Infine il direttore scientifico Ipsos Enzo Risso ha messo in relazione le proiezioni inflattive e il carrello della spesa: se i prezzi continueranno ad aumentare il 17% degli italiani dichiara che ridurra’ la sua spesa. Lo faranno uk 43% dei giapponesi, quasi 1 su 2. E il 39% dei britannici, il 36% degli statunitensi, il 31% dei francesi.

Lo spreco alimentare include anche gli sprechi dell’energia per produrre il cibo, così come dell’acqua e delle altre risorse ‘nascoste’. In particolare: l’impronta idrica dello spreco alimentare domestico in Italia vale 1/10 del fabbisogno idrico dell’intero continente africano, ed è pari a 749,7 miliardi di L di acqua annuiDal punto di vista energetico vale ben 6,4 miliardi € lo spreco di energia ‘nascosta’ nel cibo gettato nelle nostre case nel 2022. Rispetto al foodwaste globale spicca subito il dato incrociato: sono Sudafrica e Giappone i Paesi più virtuosi, perché nelle loro case si spreca circa la metà rispetto all’Italia  (324 e 362 grammi a settimana), mentre in Europa è la Francia il Paese più virtuoso con 634 grammi settimanali. Germania e Regno Unito svettano nel vecchio continente con 892 e 859 grammi. Gli Stati Uniti sembrano incorreggibilmente portati allo spreco, con 1338 grammi di cibo gettato a settimana, per quanto in lieve discesa rispetto al 2021, quando avevano gettato 64 grammi in più. Il Brasile, per la prima volta monitorato da Waste Watcher, si posiziona al quarto posto complessivo nella ‘hit’ degli sprechi domestici, con 794 grammi di cibo gettato ogni settimana, sempre pro capite. Se invece esaminiamo la frequenza dello spreco alimentare domestico, sono decisamente i giapponesi in testa alla hit virtuosa: in casa oltre 7 cittadini su 10 sprecano meno di una volta a settimana (74%) e solo 1 giapponese su 5 spreca almeno una volta a settimana. A loro si avvicinano – ed è una buona notizia – gli italiani e i francesi, con il 68% dei cittadini che dichiarano di sprecare meno di una volta a settimana. Seguono tedeschi (65%), spagnoli (63%), inglesi (59%), e via via sudafricani (58%), statunitensi (55%) e a fondo classifica i brasiliani: 1 su 2 conferma di gettare il cibo almeno una volta a settimana

Ed è la frutta l’alimento più sprecato del pianeta, in Italia gettiamo individualmente 30, 3 grammi di frutta alla settimana, segue l’insalata con una media di 26,4 grammi pro capite, e il pane fresco con 22,8 grammi. Ci superano gli Stati Uniti, con 39,3 grammi a testa, la Germania con 35,3 e il Regno Unito che si attesta su uno spreco settimanale di 33,1 grammi a testa. In chiave di prevenzione c’è un filo rosso che accomuna tutti, a qualsiasi latitudine: privilegiare prodotti di piccolo formato (il 47% dei brasiliani, il 39% dei tedeschi, il 37% degli italiani) e la prospettiva di campagne capillari di educazione alimentare e sensibilizzazione dei cittadini sugli effetti negativi dello spreco per l’economia e l’ambiente: vale per tutti i Paesi, con livelli di consenso fra il 70 e l’80 %, tranne gli Stati Uniti, un po’ più freddi all’ipotesi (58/59%). Mentre l’dea di tassare chi spreca convince molto meno i cittadini internazionali, così come l’aumento dei costi dei generi alimentari.

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TM

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