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Dalla pasta alle paste: i pastai italiani ogni anno investono il 10% del fatturato in ricerca e sviluppo di nuovi prodotti. Whole Food Market: l’industria della pasta in Italia conta 100 imprese, dà lavoro a 7.500 addetti e genera 4,7 miliardi di euro di fatturato

Siamo abituati a considerarla un classico delle nostre tavole. Eppure la pasta cambia e sta cambiando, nella sostanza prima che nella forma. Per intercettare nuove abitudini di consumo e tendenze alimentari, i pastai italiani ogni anno investono mediamente il 10% del proprio fatturato in ricerca e sviluppo di nuovi prodotti, per un totale del comparto che raggiunge i 500 milioni di euro.

Questi investimenti diventano poi tipoligie di pasta che scardinano quella che fino a pochi anni fa era una certezza: la pasta si può fare anche con materie prime diverse dal grano duro. Così oggi i prodotti disponibili sugli scaffali dei nostri supermercati si sono moltiplicati e, oltre alla pasta tradizionale, troviamo quella ai multicereali, integrale, senza glutine, di legumi, dalla cottura veloce. E ancora quella di grano duro, sì, ma addizionata di minerali, vitamine o con i cosiddetti “superfoods”. Secondo una ricerca di Whole Food Market sui trend alimentari del 2020, le paste alternative e in formati diversi prenderanno sempre più piede. E non si fa fatica a crederlo se, ad esempio, quello che fino a tre anni fa, era un trend emergente, oggi è un boom con i consumi di pasta integrale passati dal 36% al 75% (ricerca Ismea 2019).

In Italia l’industria della pasta oggi conta 100 imprese, dà lavoro a 7.500 addetti e genera 4,7 miliardi di euro di fatturato. Secondo i dati elaborati da Unione Italiana Food, nel 2018 ha prodotto 3.370.000 tonnellate di pasta (+0,3% rispetto al 2017), di cui più della metà esportate. Quelle consumate in Italia, invece, fanno di noi il primo Paese per consumi pro-capite, pari a 23 chili all’anno.

Tornando all’innovazione di prodotto, tutto parte proprio dalle rilevazioni di marketing sul mercato alimentare, che il reparto di Ricerca & sviluppo, con la supervisione del tecnologo alimentare, traduce in una miscela di ingredienti, di cui valuta la stabilità attraverso le prove di pastificazione. Nella fase successiva, si effettuano i “crash test” sensoriali e qualitativi. Definita la “ricetta” della nuova pasta, si redige una scheda tecnica, in collaborazione con l’Ufficio qualità, e un team di esperti in diritto alimentare certifica la rispondenza delle etichette alle normative vigenti.

“La pasta è una e molteplice. In Italia siamo i custodi della tradizione, ma non rinunciamo a cambiare le carte in tavola e sperimentare fa parte del nostro patrimonio alimentare – ha detto Secondo Cristiano Laurenza, segretario dei pastai di Unione Italiana Food (già Aidepi) – Tendiamo a immaginare la pasta come un prodotto immutabile, in realtà questo piatto ha accompagnato nel tempo il cambiamento dei nostri stili di vita. Se pensiamo a come mangiavamo la pasta 30 o 60 anni fa ci rendiamo conto di quanto siano cambiate ricette, occasioni di consumo, formati e porzioni”. (fonte Askanews)

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