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Vino Chianti, nel 2019 vendite su del 6,3%: Italia primo mercato. Busi: “Stimiamo perdite fino al 10% in Cina per il Coronavirus, ma possiamo assorbirle”

Il Chianti Docg archivia il 2019 con un deciso segno più: le bottiglie vendute sul mercato italiano sono cresciute del 6,3%, mentre sul mercato globale la crescita è stata dell’1% equivalente ad un milione di bottiglie in più. Numeri positivi, soprattutto se paragonati all’andamento commerciale delle bottiglie da 0,75 che sono cresciute in Italia solo dell’1,5%. Bene anche i mercati esteri che crescono di un punto percentuale, nonostante il calo della Germania (dove si è registrato un -10%) e la sostanziale stagnazione degli Usa.

“Questi numeri mostrano che la strada imboccata ormai da anni dal Consorzio Chianti è quella giusta – commenta il presidente Giovanni Busi -. Una strada fatta di innalzamento della qualità del prodotto e di promozione dell’immagine sui mercati strategici, vecchi e nuovi: il mercato riconosce e apprezza, causando tra l’altro un effetto secondario di grande rilevanza sociale, ovvero la tenuta del prezzo anche per i vini sfusi”.

Infatti, la buona performance del 2019 acquista un valore ulteriore se paragonata all’andamento dei vini Chianti Docg dal 2013 ad oggi: negli ultimi 7 anni si evidenzia un incremento del 23% delle bottiglie vendute, con una crescita a valore del 33%, segno di un recupero dei prezzi a scaffale e perciò di una maggiore valorizzazione della denominazione. Nello stesso periodo, il segmento in bottiglia da 0,75 è cresciuto del 7% in volume e del 22% a valore.

“Il saldo positivo – prosegue Busi – indica che il mercato di riferimento, quello italiano, ha un apprezzamento crescente per la qualità dei nostri vini e che i nuovi consumatori, principalmente asiatici e sudamericani, compensano il calo dei tedeschi e lo stallo degli statunitensi”.

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“Per il 2020 guardiamo con attenzione alla Cina e all’evoluzione nel medio periodo dell’epidemia di coronavirus: nel terzo trimestre 2019 abbiamo venduto molto perché è il periodo in cui i buyers cinesi riempiono i magazzini in vista delle Feste. Adesso, con l’annullamento dei festeggiamenti per il Capodanno cinese e la chiusura di gran parte dei ristoranti c’è il rischio che quelle scorte non vengano smaltite: con febbraio si perde un mese importante in termini commerciali. Secondo le nostre stime, se l’allarme rientrerà a breve, potremmo avere una perdita stimata tra il 5 e il 10% che però potremo ammortizzare senza grossi problemi perché quello cinese è un mercato che cresce molto anno su anno”.

Food ESG Affairs

TM

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